Il 15 novembre 2021 Cuba ha assistito a due insuccessi che, pur riguardando settori differenti – politica e turismo – hanno sortito lo stesso risultato: la profonda delusione della gente, a fronte di un’aspettativa incoraggiata dagli eventi dell’estate scorsa e dal calo dei contagi Covid.

Proteste abortite e mancati arrivi

Quel giorno di novembre, Yunior García, leader della piattaforma di opposizione Archipiélago composta da 500 artisti cubani indipendenti, avrebbe dovuto sfilare, pacificamente solitario, per ricordare la protesta dell’11 luglio a La Habana, che aveva causato centinaia di arresti e conseguenti condanne a lunghi periodi di detenzione, oltre all’uccisione di un dimostrante. Yunior aveva fatto tale scelta ai fini di evitare una ulteriore repressione, già preannunciata dai numerosi fermi di attivisti che avrebbero dovuto accompagnarlo. Ma la mattina del 15 novembre, gruppi di simpatizzanti del regime erano già sotto casa sua, con lo scopo preciso di non farlo uscire. L’attivista è attualmente a Madrid, in esilio volontario. Ha tenuto a ribadire che continuerà la sua azione dalla Spagna, pur mantenendo lui e il resto del collettivo debita distanza da altri gruppi di opposizione più schierati con gli anticastristi di Miami, tra cui José Daniel Ferrer, a capo della Unión Patriótica de Cuba (Unpacu) sostenuta politicamente dal senatore cubano statunitense Marco Rubio.

In quel fatidico giorno delle coincidenze, Cuba aveva riaperto al turismo di massa dopo le restrizioni agli arrivi causate dalla pandemia, con il conseguente crollo del Pil a -13%, dovuto all’assenza della valuta estera dei viaggiatori. I dati snocciolati dal governo, verificati anche da Ops (Organizatión Panamericana de la Salud) – la filiale Oms in America Latina – davano a ottobre un calo del 69% dei contagi, con una media ridotta di 88 su 100 mila abitanti, concentrati soprattutto a Camagüey, Sancti Spíritus, Santa Clara e Holguín, zone poco frequentate dai visitatori. Il 7 novembre, avrebbero concluso il ciclo vaccinale di tre dosi di Soberana quasi 7.780.000 cubani su 11 milioni, oltre ai booster applicati a stranieri residenti, vaccinati col russo Sputnik.

Nonostante queste premesse incoraggianti, gli arrivi nell’isola dopo la riapertura sono finora risibili; ciò è dovuto presumibilmente alle ristrettezze finanziarie causate dalla crisi economica europea post pandemica e alla scarsità dei voli disponibili. Lo prova il fatto che tuttora in Giamaica atterrino soprattutto turisti nord americani, di europei pochissimi e quasi nessuno italiano, per via del divieto imposto dalla Farnesina, poiché solo il 22% della popolazione è vaccinato.

Gli americani d’altro canto sono un lusso che Cuba non può permettersi, causa il sempiterno embargo. Un buon 10-15% l’isola lo perde per i no vax; anche avendo rimosso il tampone Pcr preventivo, l’immigrazione richiede il certificato vaccinale obbligatorio.

Effetti collaterali della riforma valutaria

Nel gennaio 2021, il governo approvò una riforma epocale, già annunciata nel 2013, basata essenzialmente su due punti:

1) Il Cuc (peso convertible) che Cuba aveva adottato 27 anni fa per le transazioni turistiche, affiancandolo alla moneta locale per contrastare lo strapotere del dollaro, fu abolito. Rimane in vigore solo il Cup, il peso locale con il quale lo stato paga salari e servizi, dall’anno scorso utilizzato anche dai turisti che cambiano i dollari a un tasso fisso di 25 Cup per 1$.

2) Gli stipendi miserrimi di lavoranti, impiegati e professionisti in vigore da decenni e mai ritoccati, furono aumentati di circa il 500%. Il salario minimo passò da 400 a 2100 pesos mensili (84 dollari, prima era 16) quello medio da 37 a 185$, e quasi 400$ adesso per medici, avvocati e funzionari statali. Ma non mancano gli effetti collaterali, che il presidente Diaz-Canel aveva presagito il giorno stesso dell’annuncio ufficiale: primo tra tutti, una mostruosa inflazione, aggravata dalla crisi pandemica, che i dati riportano al 70%, contraddetti però da inchieste della stampa estera che denunciano prezzi di alcuni beni primari triplicati.

A causa della penuria attuale per via non solo dell’embargo statunitense, ma anche della crisi pandemica che rallenta le spedizioni internazionali dei paesi “amici” quale la Cina – e della latitanza della produzione agricola locale – il governo ha imposto un ferreo razionamento con rigide regole che riportano alla memoria i tempi cupi de El Periodo Especial quando l’Unione Sovietica collassò, lasciando il suo storico alleato in mutande.

Ciò causa file chilometriche che durano giorni interi, con la gente che si mette in coda di notte e aspetta anche otto ore prima di essere servita. Hacer cola, fare la coda, d’altro canto fa parte della routine quotidiana del cubano da sempre, che passa almeno un terzo della sua vita in fila; e le nuove generazioni, nate proprio negli anni più difficili, sono quelle che non ne possono più e si ribellano.

Malgrado i controlli, non mancano i furbetti e gli abusi: la regola è che gli acquisti debbano essere registrati per evitare due passaggi della stessa persona, previo controllo della libreta de abastecimiento – la tessera alimentare gratuita che il governo ha mantenuto per compensare l’inflazione – ai fini di scalare i prodotti già nella lista del beneficiario. Succede però spesso che gli sciacalli della Borsa Nera corrompano gli addetti ai controlli, infilando dollari nella stessa libreta, affinché questi non registrino gli acquisti, ricomprando successivamente gli stessi beni per poi rivenderli a prezzi esorbitanti. Gli aumenti hanno influito anche sulle bollette e oggi il costo dell’energia elettrica basica è passato da 0.09 a 0.33 pesos per kWh (+400%). Pure la benzina è fuori controllo, dopo la crisi delle forniture venezuelane a prezzi calmierati.

Quesito del secolo: perché l’embargo non viene rimosso, visto che politicamente serve solo a rafforzare il regime a livello internazionale? Secondo un nostro lettore, viene mantenuto unicamente per motivi elettorali. El bloqueo serve ad accattivarsi la potente lobby anticastrista dei cubani in Florida, milioni di voti. E come ampiamente dimostrato in passato, chi perde la Florida, perde le elezioni. Obama si decise al grande passo solo quando venne rieletto per il secondo mandato, poiché comunque non avrebbe potuto più candidarsi per un terzo. E se fosse riuscito a toglierlo, sarebbe passato alla storia.

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