Nel giorno in cui si celebra il 30° anniversario dell’inizio di Mani pulite a Brescia uno dei protagonisti di quella inchiesta va a processo. Piercamillo Davigo, ex consigliere del Csm accusato di rivelazione del segreto d’ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria, è stato rinviato a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare di Brescia Federica Brugnara. Il processo prenderà il via 20 aprile davanti alla prima sezione del Tribunale di Brescia. L’avvocato Borasi aveva chiesto la pubblicità dell’udienza preliminare perché tutto si svolga nella massima chiarezza e trasparenza e quando sarà il caso il dottor Davigo si difenderà in dibattimento, essendo certo della propria innocenza” ha detto l’avvocato Marco Agosti.

In base al capo di imputazione Davigo, difeso dall’avvocato Francesco Borasi, “consegnava, informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita, copia degli atti in questione al consigliere del Csm Giuseppe Marra, dopo averlo informato del loro contenuto, incaricandolo di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti”. Oltre a ciò avrebbe riferito a un altro componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Ilaria Pepe, “sempre in assenza di una ragione ufficiale, ma per suggerirle di ‘prendere le distanze dal consigliere Ardita, il contenuto delle dichiarazioni rese” da Amara, “invitandola a leggerle; riferiva, in assenza di una ragione d’ufficio, al dichiarato scopo di ottenere un giudizio sull’attendibilità” di quei verbali che gli erano stati consegnati da Storari per “autotutelarsi”, a suo dire, dal rallentamento alle indagini voluto dai vertici della procura di Milano.

Secondo l’accusa avrebbe parlato, pur in modo confidenziale, delle dichiarazioni di Amara al senatore Nicola Morra ad altri consiglieri del Csm, come Giuseppe Cascini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna – al quale avrebbe detto che nell’indagine sulla presunta loggia era “coinvolto” Ardita- e il vice presidente David Ermini, al quale avrebbe dato “copia degli atti (…), al di fuori di qualunque ufficialità al punto che Ermini, ritenendo irricevibili quegli atti ed inutilizzabili le confidenze ricevute, immediatamente distruggeva detta documentazione”.Durante la scorsa udienza Davigo aveva chiesto di essere interrogato e aveva difeso la sua condotta: “Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto nel rispetto della legge” la posizione dell’ex pm. Davigo è imputato con il pm Paolo Storari che invece ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato e conoscerà la decisione del giudice sulla sua posizione il prossimo 7 marzo.

I due magistrati sono imputati per il caso della consegna dei verbali segretati dell’ex avvocato esterno di Eni condannato per corruzione in atti giudiziari e indagato da più procure, sulla presunta loggia Ungheria che Storari consegnò a Davigo nell’aprile 2020 per “autotutelarsi” dalla presunta inerzia dei vertici della procura di Milano. Sul punto il gip di Brescia che ha archiviato l’indagine a carico dell’ex procuratore Greco ha detto che la procura non fu inerte.

Storari, stando alla sua difesa, consegnò i verbali con lo scopo di essere tutelato lamentando l’inerzia dei vertici del suo ufficio, tenendo una “condotta legittima”. L’avvocato Paolo Della Sala per questo motivo ha chiesto al gup di assolvere il pubblico ministero imputato per rivelazione del segreto d’ufficio nel processo in abbreviato. Il difensore ha aggiunto che Storari ha agito dopo aver ricevuto da “importanti esponenti del Consiglio Superiore della Magistratura” la conferma della correttezza del suo gesto, per altro “compatibile” con il compendio normativo, ossia con le circolari dello stesso Csm. Gesto che “poi ha trovato il suo avallo nei comportamenti di altre persone” che siedono a Palazzo dei Marescialli e delle quali “nessuna ha sollevato obiezioni formali” al modo in cui è stata chiesta tutela.

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