La procura di Milano non fu inerte e le accuse contro l’ex procuratore di Milano, Francesco Greco, infondate. Sono arrivate le motivazioni del giudice per le indagini preliminari di Brescia che archiviato la posizione di Greco finito indagato per omissione di atti d’ufficio. Secondo il gip Andrea Gaboardi doveva essere “condotta con estrema prudenza e cautela” l’attività “preliminare di verifica” sulle dichiarazioni su una presunta loggia Ungheria rese in Procura a Milano da Piero Amara, “considerata la scarsa affidabilità soggettiva” del legale siciliano, “coinvolto in gravi vicende penale” a Roma e Messina “connotate da forme di indebita interferenza su processi in corso”.

Amara, ex legale esterno di Eni, ha patteggiato una condanna per corruzione in atti giudiziari ed indagato da più procure. Ai pm di Milano aveva parlato di una presunta loggia massonica di cui avrebbero fatto parte anche magistrati. Il pm Paolo Storari però aveva ritenuto questa prudenza una inerzia e aveva consegnato i verbali all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. I due magistrati giovedì 3 febbraio si dovranno presentare da imputati davanti al giudice per l’udienza preliminari. Le dichiarazioni di Amara finirono a giornalisti e magistrati ed è per questo che a Roma è finita sotto inchiesta l’ex segretaria di Davigo Marcella Contraffatto.

Il giudice, che sottolinea come “di fronte a tali evidenti esigenze istruttorie, non può certo affermarsi che l’ufficio requirente milanese sia rimasto inerte”, ha osservato che “contrariamente a quanto sostenuto, in via solitaria e con sbrigativa sicurezza”, nell’interrogatorio dello scorso luglio dall’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, a cui Storari si era rivolto e aveva consegnato quei verbali per autotuelarsi, “tale era la consistenza dell’impegno richiesto dal vaglio critico” delle affermazioni di Amara, ritenute ancora nell’aprile dell’anno scorso, “meri elementi di sospetto, da valutare peraltro con un approccio ispirato da massima prudenza”.

L’intera vicenda dei verbali, collegati indirettamente anche al processo Eni Nigeria, ha dato origine in totale a tre procedimenti penali a Brescia: oltre alla richiesta di rinvio a giudizi per Storari e Davigo, c’è l’inchiesta in corso sull’aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro (titolari dell’accusa nel processo al colosso petrolifero che ha visto tutti gli imputati assolti) ed è indagata anche l’aggiunto Laura Pedio, titolare del fascicolo ‘falso complotto’, a cui viene contestata, tra l’altro, la gestione di Vincenzo Armanna, grande accusatore dei vertici Eni.

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