Salvare il mercato dei crediti fiscali generati dai bonus edilizi. Ed evitare che le truffe da 4,4 miliardi di euro su 38,4 miliardi di cessioni di crediti comunicati all’Agenzia delle Entrate distruggano la ripresa del settore. Dopo aver preso atto delle falle esistenti nella legge e aver stoppato le cessioni multiple, il governo di Mario Draghi si prepara a mettere una pezza all’imbarazzante vicenda delle frodi da bonus edilizi con un decreto atteso a giorni. Diverse le ipotesi di lavoro messe sul tavolo da imprese e professionisti per evitare che false fatture di cantieri fantasma si trasformino in denaro contante. C’è chi come l’Associazione nazionale costruttori edili propone la cessione dei crediti solo fra soggetti vigilati da Bankitalia. O chi come l’Ordine degli architetti suggerisce di “estendere gli strumenti di controllo dell’Agenzia delle entrate”. O ancora chi, come l’Associazione europea dei professionisti e delle imprese (Aepi), immagina di inviare i notai sul campo per “certificare” l’esistenza dei cantieri da cui poi derivano i crediti che vengono ceduti agli intermediari finanziari.

Con una vera e propria “lotta ai cantieri fantasma” attraverso un “controllo preventivo della legalità degli interventi” come ha spiegato in audizione al Senato il presidente dell’Aepi, Mino Dinoi. Più articolata la proposta dei commercialisti. Per loro è essenziale implementare “presidi preventivi per il contrasto ai comportamenti illeciti” e “agevolare una più immediata e puntuale tracciabilità degli interventi correlati ai crediti d’imposta oggetto di cessioni multiple o «a catena» come hanno spiegato Paolo Giugliano, uno dei tre commissari straordinari del Consiglio nazionale, e da Pasquale Saggese, coordinatore dell’area fiscalità della Fondazione nazionale dei commercialisti in audizione in commissione bilancio al Senato. Inoltre i commercialisti hanno suggerito all’esecutivo anche di prevedere l’obbligo del visto di conformità, delle asseverazioni e attestazioni tecniche anche per l’attività di edilizia libera e per importi superiori a diecimila euro.

E soprattutto garantire una maggiore interoperabilità delle banche dati pubbliche, in particolare tra quelle dell’Agenzia delle entrate e quelle che gestiscono le notifiche preliminari nei cantieri, estendendone l’obbligatorietà anche alle fattispecie oggi esonerate. Infine, secondo gli esperti, “si potrebbe inoltre valutare l’opportunità di estendere ai bonus edilizi ordinari la regola, già prevista per il superbonus, secondo cui le opzioni per la cessione del credito o lo sconto in fattura sono subordinate al rilascio di stati di avanzamento dei lavori che non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo, con ciascuno stato di avanzamento che deve riferirsi ad almeno il 30% del medesimo intervento”. Qualora il governo dovesse optare per lo stop alle cessioni multiple, per i commercialisti sarebbe almeno auspicabile prevedere la possibilità di utilizzare il credito in compensazione per un periodo superiore ad un anno.

Difficile dire quali saranno le opzioni che il governo prenderà in considerazione per la quarta modifica in meno di quattro mesi alle regole per la cessione dei bonus edilizi. Con ogni probabilità si punterà ad introdurre un sistema di tracciamento dei crediti d’imposta da abbinare al blocco selettivo delle cessioni successive alla prima per “far ripartire il mercato, ma in modo più sicuro” come ha spiegato il ministro dell’economia, Daniele Franco. In questo modo, si punta ad evitare che si ripetano episodi come quelli riferiti in audizione dal numero uno dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. “Un esempio, tratto da un’attività di indagine già istruita, potrà chiarire meglio l’entità degli illeciti perpetrati – ha spiegato Ruffini -. Sono state individuate due società, gestite dalle medesime persone, che attraverso un meccanismo circolare di fatture false e comunicazioni di cessioni crediti hanno generato operazioni per centinaia di milioni di euro.

Sostanzialmente le due società, nell’arco di pochi mesi, hanno emesso reciprocamente fatture per anticipi di lavori mai effettivamente realizzati per un importo di circa 500 milioni di euro”. Da queste operazioni sono derivati indebiti crediti di imposta, in seguito monetizzati presso intermediari finanziari. “In particolare, parte dei crediti è stato ceduto a persone fisiche compiacenti, per lo più nullatenenti e tutte residenti nel medesimo comune o facenti parte del medesimo gruppo familiare, che hanno poi incassato il controvalore del credito da un intermediario finanziario” ha precisato Ruffini. E il peggio è che nel recupero dell’indebito credito, l’Agenzia ha avuto solo la possibilità di avvalersi sul beneficiario originario. Ovvero, in questo caso, su un nullatenente. Con il denaro incassato che si era già volatilizzato.

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