C’è un messaggio vocale sbucato dal passato che rischia di compromettere il futuro. Di un club, della sua tifoseria, delle sue giocatrici. La voce arriva nitida. Ed è un pugno allo stomaco. “Questo staff è incredibile, ma ci manca qualcosa – mitraglia l’uomo nel microfono del suo cellulare – continuo a dirlo, dovremmo fare qualcosa come quelli dell’Arandina, amico mio. Dobbiamo prenderne una, ma deve essere maggiorenne, per non finire in carcere, e dobbiamo farcela tutti insieme. Questo è ciò che unisce davvero uno staff e una squadra. Guardate l’Arandina, stavano per essere promossi. Forza ragazzi, buona domenica”. Sono parole oscene, frasi che descrivono un orrore difficile da spiegare. Anche perché a pronunciarle è stato Carlos Santiso, uno che oggi viene considerato l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Da una città intera.

Perché il messaggio risale a quattro anni fa, ossia quando Santiso allenava una delle formazioni giovanili del Rayo Vallecano, ma è venuto alla luce soltanto lo scorso 25 novembre, proprio nella giornata contro la violenza sulle donne. Una dimostrazione che il destino non sa essere solo ironico, ma anche spietato. Le cose sono precipitate venerdì scorso, quando il Rayo Vallecano femminile ha annunciato di aver affidato la sua prima squadra proprio a Santiso. Ed è ovviamente successo un finimondo. Poche ore dopo il comunicato ufficiale alcuni tifosi si sono presentati davanti alla sede del club e hanno appeso uno striscione. Sopra c’era scritto: “Per rispetto alle donne: Santiso subito fuori da Vallecas“. La moglie del tecnico ha provato a rimuoverlo immediatamente, ma è riuscita a strapparne solo un lembo. Poco più tardi una donna ha attaccato altri quattro cartelloni per comporre un messaggio piuttosto articolato: “Rispetto e dignità per il Rayo femminile. I machisti fuori da Vallecas. Non vogliamo scuse, Santiso, vogliamo che tu te ne vada via. Per le nostre figlie, sorelle, madri e amiche”.

Nei giorni successivi le cose non sono molto migliorate. El País ha inviato una giornalista a monitorare la situazione. E il suo racconto è stato piuttosto tagliente. La polizia ha parcheggiato una camionetta davanti al centro di allenamento della squadra. Più per precauzione che per effettiva necessità. I tifosi, invece, hanno definito il proprio stato d’animo con uno spettro di emozioni piuttosto ampio, che andava dall’arrabbiato allo sgomento. Il presidente del club, Raúl Martín Presa, è stato intervistato da Cadena Ser. E ha provato a gettare acqua sul fuoco. “Assumiamo professionisti e non persone”, ha detto. “Non entrerò in polemica e non presterò attenzione alle polemiche dei media per far licenziare l’allenatore”, ha ribadito. Frasi che non hanno avuto grandi risultati. Anche perché il caso dell’Arandina, citato nel suo vocale da Santiso, è una ferita ancora aperta per lo sport spagnolo. Nel novembre del 2017, tre giocatori dell’Arandina fra i 19 e i 24 anni avevano invitato una ragazza di 15 anni in un appartamento e l’hanno costretta ad avere rapporti sessuali. La procura ha chiesto dai 39 ai 40 anni di carcere per “aggressione sessuale” e in primo grado i tre sono stati condannati a 38 anni. Poco dopo, però, l’Alta Corte di Giustizia di Castilla e León aveva ribaltato al sentenza.

Uno degli aggressori era stato assolto e gli altri due sono stati condannati a 4 e 3 anni per abusi sessuali. Martedì scorso il club ha pubblicato sul proprio sito una lunghissima dichiarazione di Santiso. L’allenatore ha spiegato di non essere riuscito a intervenire prima sull’argomento perché svuotato da “ogni forza fisica e mentale” a causa della “grandezza di quello che stava succedendo”. Ma ha anche manifestato il suo “profondo pentimento per lo sfortunato, decisamente di cattivo gusto, imperdonabile scherzo machista inviato quattro anni prima a un gruppo privato di WhatsApp. Uno scherzo che comunque non avrei mai dovuto fare”. Poco dopo Santiso ha aggiunto: “Questo atteggiamento di perdono e comprensione mostrato dal Rayo Vallecano mi sta impedendo di crollare e di andare in pezzi come essere umano, nonostante tutta la corrente mediatica che mi sta spingendo in questa direzione per un’azione inaccettabile che ho fatto quattro anni fa”. La vicenda, però, è tutt’altro che conclusa. Perché la politica ha sollecitato un intervento da parte delle istituzioni sportive. Del caso se ne sta occupando il Comitato Etico della Federcalcio, che sta elaborando un rapporto che sarà reso pubblico nei prossimi giorni. E allora il passato e il presente di Santiso potrebbero tornare a escludersi a vicenda.

Nel frattempo l’associazione spagnola dei calciatori (AFE) si è fatta sentire, chiedendo al presidente del Rayo l’applicazione immediata dell’allegato II del “protocollo per la prevenzione e l’intervento contro le molestie sessuali e/o di genere nel calcio femminile di Primera Division”. Questo porterebbe all’apertura di un’indagine interna per far luce sul comportamento dell’allenatore, ma anche per verificare che il suo comportamento non abbia influenzato il rapporto con i giocatori. Secondo El País, poi, se il Rayo non dovesse rispondere alla lettera dei sindacati, l’AFE potrebbe sollevare la questurino davanti alla Commissione Paritetica del Contratto Collettivo di Lavoro, in modo da costringere il club a prendere provvedimenti. Al momento l’unico effetto concreto della vicenda è stato piuttosto particolare. Jorge Blanco, preparatore fisico del Rayo femminile B ha rassegnato le proprie dimissioni perché “per principi e valori”, non può lavorare in una istituzione che assume “certe persone”. Poi più niente. Santiso è ancora al suo posto. Un po’ poco per una nomina che è stata sbagliata non solo nei tempi (l’audio era uscito a novembre scorso), ma anche nell’ostinazione con cui è stata difesa dal presidente del Rayo.

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