Un video su YouTube come inno, dirette Facebook contro gli “infami” e lettere spedite dal carcere per consacrare il manifesto del gruppo Pascali. Un clan mafioso con base a Taranto, rione Paolo VI, stando a quanto è emerso dall’inchiesta della Dda di Lecce, sfociata in 38 arresti eseguiti nel capoluogo ionico dagli agenti della Squadra mobile. Custodia in carcere per i fratelli Nicola e Giuseppe Pascali, per le rispettive mogli e per altre 24 persone. Domiciliari con braccialetto elettronico per 10. Complessivamente 57 indagati. Nicola Pascali è stato condannato in via definitiva per aver promosso e diretto un gruppo mafioso, parte della Sacra corona unita, da settembre 2015 a ottobre 2017. Il fratello l’11 novembre 2014 mentre era ai domiciliari ferì a colpi di pistola un esponente di un gruppo rivale. Malgrado la detenzione dei fratelli, il clan ha continuato a operare con una rete di affiliati portando avanti le direttive affidate alle mogli, reggenti e postine che avrebbero anche assistito in videochiamata all’aggressione di un ragazzo, dopo la scoperta di un incontro con esponenti del clan rivale.

Le indagini sono partite dopo la gambizzazione di Lucky La Gioia, a Taranto, la mattina del 31 ottobre 2018. Le intercettazioni hanno portato a scoprire che alla base dell’agguato c’erano motivi di gelosia perché il ragazzo aveva chiesto l’amicizia su Facebook a una donna sposata e hanno fatto emergere il gruppo dei fratelli Pascali e le attività. Traffico di droga, canali di rifornimento e contatti con clan affiliati alla camorra e richiesta di royalty per lo spaccio. Estorsioni chieste come regali a imprenditori e commercianti. Il gip Marcello Rizzo ha contestato anche estorsione ambientali sottolineando, come fatto dal pm Milto Stefano De Nozza, che il clan non avesse necessità di ricorrere alla forza godendo di fama criminale. Fama vantata anche sui social. Su YouTube il video ‘Si frate a me’ che “costituisce un inno apologetico dello stile di vita mafioso”. Tra gli attori, 3 uomini che reciterebbero il vero ruolo nel gruppo. Uno avrebbe spiegato la genesi del brano dicendo che il testo era dedicato a una persona in carcere. In 4 dirette Facebook, Giuseppe Pascali avrebbe inveito contro esponenti della malavita locale, accusati di aver reso dichiarazioni che avrebbero causato la condanna del fratello e del padre. Sequestrate diverse lettere. Tra queste, quella scritta da Giuseppe Pascali, considerata manifesto del clan: “Siamo l’esempio della buona fama, dell’onore e del buon nome. La popolarità è una realtà. Onora il nostro nome con venerazione: siamo i Pascali”. Sul telefono di una indagata, un video in cui familiari minorenni cantano ‘sangue criminale, prendi le pistolè.

“Questa è la dimostrazione plastica dei tentativi di queste organizzazioni, che non definiremmo neanche autoctone ma mafiose nel vero senso della parola, di prendere il controllo del territorio attraverso quella che il gip definisce una esternalizzazione dell’assoggettamento omertoso”, ha detto il responsabile nazionale della Direzione centrale anticrimine Francesco Messina (nella foto), nella conferenza stampa tenuta a Taranto per illustrare gli esiti dell’operazione condotta questa mattina dalla Squadra Mobile del capoluogo jonico.

Articolo Precedente

‘Ndrangheta, il mistero dell’ultimo pentito del clan Papalia: parla per due anni coi pm. Poi ci ripensa e avvisa le persone che ha accusato

next
Articolo Successivo

Caro presidente Mattarella, Lei è la persona giusta per le commemorazioni di quest’anno

next