È durata 17 mesi la latitanza di Graziano “Grazianeddu” Mesina. Nella notte, i carabinieri del Ros lo hanno individuato e arrestato mentre era nascosto nell’abitazione di una coppia a Desulo, in provincia di Nuoro: nei confronti dei due, indagati per favoreggiamento, potrebbero scattare provvedimenti. Al momento dell’arresto di Mesina sono rimasti in silenzio. L’ex primula rossa del banditismo sardo era irreperibile dal 3 luglio del 2020, quando fuggì dalla sua abitazione di Orgosolo prima di dover tornare in carcere per scontare in via definitiva 30 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Ora si trova nella caserma di Nuoro e – secondo quanto riferiscono all’Ansa i suoi legali – lo starebbero trasferendo nel carcere nuorese di Badu ‘e Carros: deve scontare una condanna a 24 anni di reclusione, che gli era stata notificata dalla Procura generale della Corte d’appello di Cagliari. “Quando lo abbiamo arrestato ha alzato gli occhi al cielo, sembrava che stesse dicendo ‘È finita’. Ma è rimasto in silenzio. Non ha detto una sola parola. Non ha avuto alcuna reazione“, racconta all’Adnkronos uno dei Carabinieri che ha messo le manette al bandito.

Graziano Mesina è stato “tradito” dalle mosse “di un favoreggiatore”. Il blitz è scattato intorno alle 3 di sabato 18 dicembre: il latitante dormiva vestito e in casa c’era la somma di 6 mila euro circa cosa che secondo gli inquirenti è un indizio del fatto che fosse pronto a darsi di nuovo alla fuga. È stato un arresto da “manuale”, un “intervento pulito”, nel corso del quale “Mesina non ha avuto il tempo per pensare”, ricostruisce quindi il generale Angelosanto. I Ros e il Gis hanno seguito uno dei favoreggiatori di Mesina “che si muoveva in modo strano” fino al covo a Desulo, nel nuorese, dove abitava a casa di una coppia di insospettabili coniugi. “Era nascosto in una casa di due piani – dice il generale Angelosanto – e Mesina si nascondeva da mesi a piano terra dello stabile”. Una indagine “lunga”, all’antica, condotta “senza confidenti o collaboratori di giustizia”, spiega ancora l’alto ufficiale. E all’arrivo dei Gis con il Ros il bandito Mesina non ha avuto “alcuna reazione”. “Si è arreso subito – racconta il generale Angelosanto – Non ha avuto alcuna reazione”. “Dal giorno della fuga” nel luglio del 2020 “lo abbiamo braccato senza sosta – dice ancora -da quel giorno è stato un lavoro incessante per la cattura”. Il bandito poteva “godere di una ampia rete di favoreggiatori”. E uno dei fiancheggiatori, senza volerlo, lo ha portato dritto al covo nel nuorese.

Mesina aveva fatto perdere le sue tracce il 2 luglio del 2020 giorno in cui era arrivata la condanna definitiva della Cassazione per traffico internazionale di droga. Mesina, che dei suoi 79 anni circa 40 li ha trascorsi dietro le sbarre, aveva ottenuto la grazia nel 2004 facendo così rientro nella sua casa di Orgosolo, nel cuore della Barbagia. Nel 2013 era arrivato però un nuovo arresto: stavolta l’accusa era quella di aver messo in piedi un sodalizio dedito al traffico internazionale di droga: condannato a 30 anni di carcere in primo grado, la pena era stata confermata in Appello nel 2018 e a luglio dello scorso anno confermata dalla Cassazione. Ma quando i carabinieri si sono presentati per notificare la decisione Mesina non si era fatto trovare. Il suo nome era così finito anche nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità con le ricerche che non si sono mai fermate fino al ritrovamento la notte scorsa da parte del Ros in collaborazione con i militari del Gis, del Comando provinciale di Nuoro e dello Squadrone eliportato carabinieri cacciatori ‘Sardegna’.

Nella sua carriera criminale, “Grazianeddu” è stato un vero ‘maestro’ della fuga dal carcere: di evasioni, alcune delle quali rocambolesche, l’ex primula rossa del banditismo sardo ne ha totalizzate 22, dieci perfettamente riuscite. Mesina finì in carcere la prima volta nel 1956, ad appena 14 anni, con l’accusa di porto abusivo di armi. Dietro le sbarre, però, ci rimase poco, riuscendo ad evadere dopo aver forzato la camera di sicurezza per poi far perdere le sue tracce nascondendosi sulle montagne di Orgosolo (Nuoro). Nel 1962 riuscì ancora a fuggire mentre veniva trasferito dal penitenziario di Sassari. Si liberò dalle manette e nel momento in cui il treno su cui viaggiava giunse nei pressi della stazione di Macomer, si lanciò per poi tentare di dileguarsi, ma stavolta venne preso subito. La terza fuga la tentò lo stesso anno. “Grazianeddu” era ricoverato nel carcere di Nuoro, da dove in qualche modo riuscì a scavalcare il davanzale di una finestra per poi calarsi attraverso un grosso tubo dell’acqua, all’interno del quale rimase nascosto per tre giorni prima di sparire.

Poco tempo dopo ancora un arresto e una nuova evasione. Mesina, infatti, detenuto nel carcere San Sebastiano di Sassari, si calò dal muro di cinta della sua cella e sparì fino al 1968. Nove anni più tardi ancora una fuga. Era rinchiuso nel penitenziario di massima sicurezza di Lecce, quando misteriosamente riuscì a fuggire senza lasciare tracce per un anno. Di nuovo arrestato e imprigionato nel carcere di Porto Azzurro sull’Isola d’Elba, “Grazianeddu” riuscì ancora nell’impresa di darsi alla fuga. Nel 1984, poi, dopo essere stato nuovamente braccato e arrestato, ottenne un permesso di tre giorni per andare a far visita alla madre a Orgosolo. Un’occasione troppo ghiotta per non essere sfruttata. E infatti Mesina ne approfittò per fuggire a Milano e poi a Vigevano, dopo venne fermato dai carabinieri. Dopo molte altre fughe, soprattutto tentate, l’ex primula rossa del banditismo sardo venne arrestato definitivamente nel 1993, rimanendo dietro le sbarre fino al 2004, anno in cui ottenne la grazia. Nel 2013, però, il nuovo arresto per traffico di droga. Condannato a 30 anni, quando le forze dell’ordine, il 2 luglio del 2020, si presentarono a casa sua per condurlo ancora una volta in prigione, Mesina non si fece trovare. Era sparito di nuovo, l’ennesima fuga della primula rossa sarda durata 17 mesi.

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