Da “terzo polo” sanitario a simbolo della sanità pubblica sarda in agonia. Le annunciate dimissioni, dal 21 dicembre, di 7 medici del Pronto soccorso del San Francesco – ospedale di Nuoro – danno l’idea della condizione in cui da tempo è costretto a lavorare il personale delle strutture sanitarie sarde. Un disperato grido d’allarme per far capire la grave situazione di affanno di un reparto dove si lavora sotto organico da troppo tempo: con 2 professionisti che andranno via lunedì prossimo, resteranno solo 7 medici su un organico che ne prevedrebbe 18 .

Di sicuro non può bastare il provvedimento d’emergenza indicato da Mario Nieddu, assessore regionale alla Sanità, il quale ha disposto che l’Ats proceda al trasferimento temporaneo di medici di un ospedale di Cagliari (il Santissima Trinità) verso il presidio di Nuoro. “Una soluzione tampone”, così la definisce Myriam Pastorino, segretaria della Funzione pubblica Cgil medici e direzione sanitaria. “È necessario fare uno sforzo, anche economico, per riportare in Sardegna gli specialisti. Oggi le scuole di specializzazione di Urgenza non attirano più, proprio per l’alto rischio che si corre in questo fondamentale settore dell’assistenza”. Colpa di tagli che hanno depotenziato le strutture e Nuoro ne è una dimostrazione tanto eloquente quanto drammatica.

“Quello a cui stiamo assistendo non è altro che il punto finale di una politica che negli ultimi decenni non ha saputo guardare oltre il proprio naso – attacca la rappresentante sindacale – il personale, dai medici agli infermieri, non lavora più con serenità e si sente umiliato anche dal punto di vista contrattuale”.
Il dramma è che la soluzione non sarà dietro l’angolo: “Ci vorranno anni – aggiunge Myriam Pastorino – per rimettere in sicurezza tutto il sistema, ma per farlo bisogna cambiare politica che è stata finora miope, anche a livello nazionale. La pandemia si è rivelata una cartina di tornasole e ha messo in evidenza tutte le criticità dovute ad anni di scelte sbagliate”.

Sanità sempre più privata – Ridimensionamenti, tagli, mancanza di turnover nel pubblico sono andati a braccetto con la crescita delle strutture private e il “Mater Olbia” (ospedale convenzionato con la Regione, nato dalla partnership tra Qatar foundation e Policlinico Gemelli) ne è esempio lampante, come rileva Francesca Ticca, nuorese, segretaria regionale della Uil. “Il pubblico sta soffrendo il trasferimento di risorse umane ed economiche perché sono state portate avanti scelte che hanno finito per impoverire i nostri ospedali. Lo diciamo da anni, inascoltati. Il San Francesco era il terzo polo della nostra isola e su di esso, inizialmente, si era investito molto. Poi siamo rimasti indietro con i concorsi e con gli investimenti, a tutto vantaggio del privato”. Oggi si è di fronte al disastro e Nuoro dà l’idea dell’emergenza. “Soprattutto di quanto sbagliata sia la gestione della sanità da parte della politica: i cittadini non hanno più il diritto alla salute, gli specialisti non hanno incentivi per rimanere e perdiamo servizi ovunque. Continuiamo ad avere paesi sprovvisti persino del medico di base, è un vero disastro”.

Ospedali in affanno ovunque – Tutta l’isola soffre e non passa giorno senza una protesta, da Nord a Sud, da Est ad Ovest. È partita da Iglesias, pochi giorni fa, la lettera che i medici della Radiologia dell’ospedale Cto hanno inviato ai vertici della sanità sul rischio di dover sospendere gli esami (da mesi già bloccati per i pazienti esterni) anche ai ricoverati. Il motivo è legato, anche in questo caso, alla carenza di personale: con l’imminente pensionamento di un medico, l’organico del reparto sarà composto da appena 3 radiologi proprio a partire dal 1° gennaio. Numero di per sé del tutto insufficiente, cui si deve aggiungere un’ ulteriore criticità: tutti usufruiscono della “legge 104”, con limitazioni nella copertura dei turni di servizio.

È scritto nella lettera: “Superfluo affermare che siamo ormai allo stremo ed è più che evidente l’impossibilità da parte nostra di predisporre turni di servizio per la Radiologia che consentano di garantire con regolarità qualunque tipo di prestazione ordinaria e/o straordinaria”. Si profila uno scenario a tinte fosche: “Considerando eventuali congedi straordinari, malattie e quant’altro, si profila la scopertura dei turni di lavoro, con conseguente interruzione di pubblico servizio”.
Una situazione su cui focalizza l’attenzione Gino Cadeddu (Cgil) che fa parte della rsu Ats. “Siamo già messi molto male e fra qualche settimana sarà ancora peggio perché è impensabile che 3 soli radiologi, peraltro tutti con la “104”, possano garantire il servizio. Di questo passo ci stanno portando a morire. Le richieste che, da oltre 2 anni, facciamo come organizzazioni sindacali per colmare le pesanti carenze di personale in tutti i settori non hanno avuto riscontro”

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