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Alice Sebold, la scrittrice di “Amabili resti”: “Chiedo scusa all’innocente che ha scontato 16 anni di carcere per il mio stupro”

Condannato nel 1982, Anthony Broadwater ha scontato interamente la sua pena e nei 16 anni gli è stata negata per cinque volte la libertà vigilata perché si rifiutava di dichiararsi pentito per un crimine che non aveva commesso. Per almeno cinque volte ha cercato di far riconoscere in aula la sua innocenza, ma solo la scorsa settimana la Corte Suprema di New York ha annullato la sua condanna

di F. Q.

“Prima di tutto, voglio dire che mi scuso veramente con Anthony Broadwater e mi rammarico profondamente per quello che ha dovuto sopportare”. Così la scrittrice Alice Sebold, con un post pubblicato su Medium.com, si è scusato con l’uomo che ha fatto 16 anni di prigione per averla stuprata, accusa dalla quale nei giorni scorsi il 61enne afroamericano è stato scagionato. “Sono grata per il fatto che sia stato finalmente scagionato, ma rimane il fatto che lui 40 anni fa è diventato un altro giovane nero brutalizzato dal nostro sistema giudiziario fallito e per questo sarò per sempre dispiaciuta per quello che gli è stato fatto“, ha aggiunto Sebold diventata famosa con “Amabili Resti“, il bestseller del 2002 da cui è stato anche tratto un film nel 2010.

Qualche anno prima, nel 1999, la scrittrice aveva pubblicato il libro autobiografico “Lucky“, pubblicato nel 1999, in cui racconta la violenza sessuale subita nel 1981, quando era una studentessa universitaria al primo anno. E racconta di come, qualche mese dopo lo stupro, per strada vide il giovane afroamericano che riteneva fosse il suo violentatore. Andò dalla polizia, che stabilì che l’uomo da lei visto era Broadwater che fu incriminato e poi condannato anche se Sebold non lo identificò durante ‘confronto all’americana’.

Pur scusandosi la scrittrice si difende descrivendosi come “una 18enne traumatizzata vittima di uno stupro” che si è affidata al sistema giudiziario: “Il mio obiettivo era avere giustizia, non perpetuare ingiustizia – ha detto – e certamente non cambiare per sempre, ed in modo irreparabile, la vita di un giovane uomo come lo stesso crimine aveva cambiato la mia”. La scrittrice ammette quindi di soffrire “per il ruolo che senza volerlo ho giocato all’interno di un sistema che ha mandato un innocente in prigione”. E per il fatto “che probabilmente non si saprà mai chi era il mio violentatore, che potrebbe aver violentato altre donne e non sconterà mai la pena scontata da Broadwater”. Condannato nel 1982, Broadwater ha scontato interamente la sua pena e nei 16 anni gli è stata negata per cinque volte la libertà vigilata perché si rifiutava di dichiararsi pentito per un crimine che non aveva commesso. Per almeno cinque volte ha cercato di far riconoscere in aula la sua innocenza, ma solo la scorsa settimana la Corte Suprema di New York ha annullato la sua condanna.

Gli avvocati dell’uomo hanno dimostrato l’inattendibilità dell’esame fatto su un capello, ma soprattutto insistito sul fatto che Sebold in un primo momento aveva riconosciuto un’altra persona e poi “il procuratore le indicò come correggere il tiro”. Le scuse della scrittrice arrivano dopo che la sua casa editrice, Scribner, che dipende da Simon & Schuster, hanno ritirato dal commercio in tutti i formati il libro “Lucky”, pubblicato un anno dopo che Broadwater è stato scarcerato.
Intervistato dalla Cnn dopo la sentenza della Corte Suprema, Broadwater ha raccontato come non sia mai riuscito a ricostruirsi una vita anche una volta uscito dal carcere perché nessuno voleva dare un lavoro stabile ad una persona con i suoi precedenti. Inoltre non ha voluto fare figli: “Non volevo mettere dei bambini in questo mondo, ed ora per me e mia moglie è troppo tardi”. L’uomo poi diceva di non provare rancore per Sebold ma anche di essere solidale con lei, sperando comunque di ricevere le sue scuse: “Io nutro simpatia per lei, per quello che le è successo – diceva nell’intervista – spero solo che ci siano delle scuse sincere, le accetterò, non nutro rancore o risentimento contro di lei”.

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