Eitan deve essere riportato in Italia non oltre il 12 dicembre. Lo ha stabilito la Corte Suprema israeliana: il giudice, Alex Stein, ha ricordato che ricordato che il principio base della Convenzione dell’Aja prevede “tolleranza zero verso i rapimenti ed evidenzia la necessità di una restituzione immediata. Non è discutibile – ha sottolineato – che il luogo normale di vita del minore sia in Italia dove ha trascorso quasi tutta la sua esistenza”. Stein ha stabilito che Eitan “è stato portato in Israele con un rapimento e che quindi deve essere restituito ai tutori”. Il giudice ha quindi sottolineato che Peleg non ha provato che il ritorno di Eitan in Italia “rischia di provocargli danni mentali e fisici significativi”. Per il giudice israeliano tocca inoltre alle “autorità giudiziarie italiane” stabilire se ascoltare il minore “nel processo di adozione o in un altro processo che riguardi il suo bene”. Per Stein non è dunque Israele la sede per affrontare queste questioni, come invece chiesto dal nonno materno di Eitan. La Corte ha quindi disposto il pagamento da parte di Peleg delle spese processuali pari a 25.000 shekel (7 mila euro circa).

Una decisione “legalmente, moralmente e umanamente corretta”, hanno commentato Shmuel Moran e Avi Chimi, legali della famiglia Biran: “Sebbene sia un sospiro di sollievo è la fine di un episodio sfortunato, e per lo più dannoso e inutile per il piccolo Eitan”. Il bambino “potrà ora tornare alla sua famiglia in Italia, compresi i suoi nonni, i genitori del suo defunto padre, e a tutte le strutture da cui è stato tolto: mediche, psicologiche ed educative”. Sui Peleg, “speriamo che ora, in considerazione delle loro azioni e delle conseguenze penali delle loro azioni, sapranno fermare le battaglie legali”. Dopo aver evocato che “forse, solo forse, le cose possano tornare a una traiettoria ottimistica di riabilitazione e riconciliazione”, i legali della famiglia Biran hanno augurato al “piccolo Eitan una vita avvolta dall’amore, che cresca su chi riposa, e che conosca bei giorni di pace e tranquillità”.

“Lotteremo in ogni modo legale per riportare Eitan in Israele e impedire la rottura del legame impostogli da sua zia dalla famiglia della sua defunta madre Tal”. Così la famiglia Peleg ha commentato la sentenza della Corte suprema di Tel Aviv, non appellabile. “Lo Stato di Israele oggi ha rinunciato a un bambino ebreo indifeso”, hanno proseguito i nonni e gli zii materni di Eitan. “In una nota si legge che Israele “ha rinunciato a un cittadino israeliano senza che la sua voce fosse ascoltata, a favore della vita in una terra straniera, lontano dalla sua amata famiglia”. La corte di Tel Aviv ha inoltre stabilito che solo Aya Biran, la zia paterna di Eitan, ha diritto all’affidamento del nipote. Il giudice Stain ha inoltre riconosciuto che i precedenti tribunali avevano stabilito che i genitori di Eitan, entrambi deceduti dopo il crollo della funivia, avessero deciso di stabilirsi in Italia a tempo indeterminato, ovvero “per un lungo periodo di tempo e senza fissare una data per il loro ritorno in Israele”.

Intanto Gabriel Alon Abutbul, l’ex militare israeliano ritenuto complice di Schmuel Peleg nel rapimento del bambino, avvenuto l’11 settembre scorso, è stato scarcerato dall’autorità giudiziaria di Cipro dietro il pagamento di una cauzione di 200mila euro. L’uomo, nei confronti del quale era stato eseguito un mandato di arresto europeo, adesso dovrà sottoporsi all’obbligo di firma 2 volte al giorno, in attesa che il giudice cipriota si pronunci sulla sua estradizione, chiesta dalla procura di Pavia che sta indagando sul rapimento del bambino. Era stato arrestato nella sua casa di Limassol il 25 novembre. Dovrà presentarsi nuovamente il 2 dicembre davanti all’autorità giudiziaria cipriota.

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