di Aurora Notarianni*

Il corpo del povero cadrebbe a pezzi se non fosse legato ben stretto dal filo dei sogni

Questa indimenticabile poesia di un anonimo nelle parole di Sergio Cofferati all’apertura del comizio il 23 marzo 2002, in una delle più imponenti manifestazioni che il Paese ricorda.

E il povero è sempre più povero quasi vent’anni dopo. Il lavoro povero è una ferita profondissima e riguarda proprio tutti i lavoratori: i precari, gli stagionali, gli autonomi, i professionisti, i parasubordinati, gli atipici, gli artisti, i non-standard workers e anche chi lavora a tempo pieno.

La Caritas, nel Rapporto di ottobre sulla povertà e l’esclusione sociale, racconta di un milione di poveri assoluti in più rispetto all’anno 2020 con una maggiore concentrazione al Nord e riconosce che il reddito di cittadinanza è stata una valida soluzione.

La Fondazione Di Vittorio nello studio sul recupero dell’occupazione post pandemia riporta il dato in prevalenza a rapporti di lavoro flessibili, l’80% a termine (oltre 3 milioni di lavoratori), in qualifiche professionali basse e quindi con minor reddito; (2,7 milioni) part-time involontari e altri rapporti discontinui, con salario medio annuo inferiore a 10.000 euro.

Dai rapporti dell’Istat e dell’Inps risulta che il 21% dei lavoratori percepisce meno di 9 euro lordi l’ora e la percentuale aumenta al 26% per la manodopera femminile ed al 38% per quella giovanile. In termini assoluti, i lavoratori che percepiscono meno di 9 euro lordi sono 2,9 milioni.

Il salario minimo per legge può essere una soluzione

Attua il principio costituzionale della retribuzione equa, proporzionata e sufficiente; allinea l’Italia a 21 su 27 Paesi europei, rafforza i sindacati nella contrattazione e le imprese virtuose. Evita le distorsioni che si sono verificate con i percettori del reddito di cittadinanza che spesso hanno rifiutato il lavoro perché sottopagato.

Funge da regolatore per le norme sull’equo compenso per gli autonomi e i professionisti.

La Costituzione italiana prevede il diritto alla retribuzione “adeguata” e, negli anni, la magistratura ha utilizzato come parametro le tariffe salariali dei contratti collettivi nazionali della categoria o di quella affine, ma oggi quei parametri non costituiscono più la garanzia di una retribuzione adeguata.

E possiamo anche pensare ad una legge sulla rappresentanza sindacale in attuazione dell’art.39 Cost. ma senza nulla togliere al principio di sufficienza della retribuzione sancito dall’art. 36 Cost. che può trovare la sua disciplina nella legge per garantire un sistema di tutela universale a tutti i lavoratori e le lavoratrici.

Intanto a Strasburgo, in sessione plenaria, si discuterà il 25 novembre della direttiva del Parlamento Europeo sul salario minimo. L’obiettivo, come recita la direttiva, è quello di migliorare le condizioni di lavoro, “assicurando ai lavoratori l’accesso alla tutela fornita da contratti collettivi, in modo tale da consentire una vita dignitosa ovunque essi lavorino”.

E’ prevista una procedura rapida ed è auspicabile che la direttiva arrivi al Consiglio all’inizio del nuovo anno e sia approvata in pochi mesi, così che dovranno recepirla tutti i Paesi membri che non prevedono un salario minimo ovvero una contrattazione collettiva che tuteli almeno l’80% dei lavoratori.

La direttiva non impone agli Stati le modalità di fissazione del salario minimo e riconosce le prassi nazionali e l’efficacia erga omnes dei contratti collettivi. Elimina qualunque riferimento alla produttività e vieta le compensazioni del minimo con altri strumenti di welfare. Previene il dumping salariale tra le imprese.

Il disegno di legge italiano, alla norma deve seguire una strategia

In Italia, sul salario minimo, è in esame al Senato il ddl 310, prima firmataria l’ex ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, del Movimento Cinque Stelle. A sostenere la norma, anche, il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che stima oltre 2 milioni di lavoratori a 6 euro all’ora, i rider arrivano in alcuni casi a guadagnare 4 euro all’ora e sa bene che il salario minimo serve anche quale regolatore di pensioni adeguate che diversamente in futuro sarebbero al di sotto del livello di sussistenza.

Una norma sul salario minimo legale può aiutare la contrattazione collettiva, possiede un valore “simbolico”, costituisce un “faro” in quanto si applica solo se il contratto prevede minimi tabellari inferiori, così si supera la questione della validità erga omnes ed introduce una giusta retribuzione per tutti coloro che sono esclusi dalla copertura dei contratti collettivi nazionali di lavoro che non raggiungono tutte le imprese.

Non basta, però, il salario minimo per contrastare il fenomeno del lavoro povero: è necessaria una strategia integrata su diversi livelli.

Al lavoro povero concorrono diverse concause legate alla condizione sociale dei nuclei familiari, tra cui la presenza di figli minori, la scarsa formazione e altri fattori discriminanti. Occorre prevedere, con il salario minimo, misure dirette come la riduzione della pressione fiscale e contributiva sul costo del lavoro e l’assegno per i figli; misure indirette per favorire la formazione, gli avanzamenti di carriera, la flessibilità oraria e misure di sostegno come l’accesso ai servizi pubblici.

Alcune misure sul costo del lavoro e sull’assegno unico per i figli sono prevista nella legge di bilancio 2022 ma tanto c’è ancora da fare affinché il tempo… e il filo dei sogni non sia stato inutile.

*L’autrice del post è una delle curatrici di questo blog. Qui il suo cv.

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