La lira turca precipita al minimo storico dopo che la Banca centrale ha tagliato il costo del denaro dell’1% portandolo al 15%. Si tratta del terzo taglio in pochi mesi. Lo scorso settembre, quando il nuovo governatore Sahap Kavcioglu è entrato in carica, i tassi erano al 19%. L’indipendenza delle scelte della banca centrale rispetto alla volontà del presidente Recep Tayyip Erdogan è molto più teorica che reale, come dimostra la girandola di governatori, quattro in due anni, che si sono succeduti. La mossa odierna conferma i timori degli investitori sulla scarsa autonomia dell’istituto. L’inflazione in Turchia sfiora il 20%, la lira era già sotto pressione, in teoria per difenderla sarebbe più utili alzare i tassi piuttosto che ridurli. Questo ha però nell’immediato un effetto frenante sull’attività economica ed è quindi visto con fastidio da qualsiasi governo. È per questo che molti paesi hanno scelto di rendere le loro banche centrali indipendenti dai rispettivi Esecutivi.

Da tempo peraltro Erdogan sostiene una teoria cospiratoria secondo cui investitori internazionale si accordano per favorire il mantenimento di tassi elevati in Turchia. Dopo la decisione della Banca centrale la lira è arrivata a perdere il 6% con un cambio di 11,31 lire per ogni dollaro, segnando così un nuovo minimo storico. Nell’ultimo anno la moneta turca ha perso circa un terzo del suo valore, solo negli ultimi due mesi la flessione è stata del 20%. La Turchia ha debiti in valuta estera per 446 miliardi di dollari, più la valuta locale si indebolisce più il peso di questi debiti aumenta. Da qui a fine anno le aziende turche dovranno rimborsare obbligazioni in dollari per 13 miliardi di dollari, di cui 8 entro fine mese. Il rendimento dei titoli di Stato decennali turchi è salito oggi dello 0,5% l’incremento più maracato da settembre a testimonianza di un’accresciuta percezione del rischio che rappresenta il paese per i suoi investitori.

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