“Chiediamo che la vulvodinia e la neuropatia del pudendo siano riconosciute come malattie croniche invalidanti, a oggi il Servizio sanitario nazionale non copre i costi per queste due sindromi”. È la richiesta che viene dal Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo che oggi a Roma ha presentato la proposta di legge durante il convegno “Vulvodinia e neuropatia del pudendo: un dolore senza voce”. L’obiettivo è quello di far inserire le due sindromi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Tra il pubblico anche Damiano dei Maneskin che accompagnava la fidanzata Giorgia Soleri, che sui social ha raccontato di soffrire di vulvodinia.

Al convegno sono intervenuti a sostegno della proposta Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, Annamaria Parente, presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Marialucia Lorefice, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera e esponenti di diverse forze politiche. Parente, nello specifico, si è detta disponibile a portare avanti, con il comitato organizzatore e promotore del convegno e della proposta di legge, il percorso per il riconoscimento delle due sindromi anche a livello istituzionale, cercando di ottenere delle risorse a partire, innanzitutto, dalla prossima legge di bilancio. Anche Sileri ha manifestato il sostegno del ministero della Salute, impegnandosi a creare un fondo analogo a quello del 2020 per l’endometriosi. Lorefice si è impegnata a sua volta a calendarizzare la proposta di legge per il riconoscimento delle due sindromi.

Durante il convegno è stata letta anche una comunicazione inviata dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi che ha manifestato interesse a portare negli istituti scolastici un percorso sul dolore pelvico nell’ambito dei progetti di educazione alla salute. In platea, appunto, oltre a professionisti della sanità anche diversi pazienti e attiviste, come la modella Giorgia Soleri che, dopo aver parlato del suo grave ritardo diagnostico e degli elevati costi a carico di chi soffre delle due sindromi, ha concluso dicendo: “L’articolo 32 della Costituzione tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Quindi oggi sono qui a chiedermi: perché lo stato non ci considera individui?”.

La proposta di legge presentata prevede il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nei Livelli Essenziali di Assistenza come malattie croniche e invalidanti, l’individuazione di un presidio pubblico specializzato in ogni regione, l’esenzione dalla partecipazione alla spesa pubblica per le relative prestazioni sanitarie, l’istituzione di una commissione nazionale finalizzata ad emanare le linee guida per i Piani Diagnostici Terapeutici Assistenziali e a ripartire le risorse del fondo nazionale istituito dalla proposta stessa, la costruzione di un registro nazionale per la raccolta dati, la promozione della formazione medica obbligatoria, finanziamenti per il sostegno alla ricerca, accesso agevolato al telelavoro e allo smart working per lavoratrici e lavoratori e un incremento dei permessi per malattia in base alla gravità della patologia, attività di prevenzione primaria nelle scuole, campagne di sensibilizzazione e informazione e l’istituzione di una giornata nazionale per la vulvodinia e la neuropatia del pudendo.

La proposta è stata scritta dal comitato “Vulvodinia e Neuropatia del pudendo”, che raccoglie le sei associazioni che in Italia si occupano di queste due sindromi (AIV- Associazione Italiana Vulvodinia Onlus, AINPU Onlus – Associazione Italiana Neuropatia del Pudendo, Casa Maternità Prima Luce – progetto Gruppo Aiuto Vulvodinia, Cistite.info APS, Associazione Vulvodiniapuntoinfo Onlus, Associazione VIVA – Vincere Insieme la Vulvodinia), dai pazienti che vivono ogni giorno le malattie sulla propria pelle e dai professionisti e le professioniste che sul territorio nazionale si sono distinti per l’impegno nella ricerca e nella cura di queste malattie. “Queste malattie non sono rare, eppure sono misconosciute dal personale medico e dalla società – fa sapere il comitato – Attualmente vi è una tale lacuna del ruolo dello Stato e del Servizio Sanitario nel trattamento di queste sindromi, da precludere in numerosi casi l’accesso alle cure, a causa dell’assenza di specialisti formati nelle strutture pubbliche, degli alti costi dei protocolli di cura, dell’alto ritardo diagnostico causato dall’invalidazione dei sintomi, liquidati come disturbi di ordine psicosomatico, o da diagnosi errate. Le conseguenze sulla qualità della vita sono altissime ed è dunque arrivato il momento che lo Stato ed il Servizio Sanitario Nazionale riconoscano e si prendano carico di tutto questo: queste malattie esistono e si possono curare, non sono nella nostra testa”.

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