Ha atteso quasi mezz’ora prima di chiamare il 112 e ha lasciato morire due giovani agonizzanti nella loro auto, dopo aver scaricato contro di loro una raffica di colpi di pistola. Vincenzo Palumbo, camionista di 53 anni, nella notte tra il 29 e il 30 ottobre tra le 00.25 e le 00.28, è uscito sul terrazzino della propria abitazione in via Marsiglia a Ercolano e da una postazione più alta di circa 2 o 3 metri rispetto alla strada ha sparato ben 11 colpi di pistola contro la Fiat Panda in cui si trovavano Tullio Pagliaro e Giuseppe Fusella, rispettivamente di 26 e 27 anni, mentre la loro auto si stava già allontanando dalla sua abitazione.

Alcune pallottole sono entrate nel tettuccio dell’auto, altre hanno perforato il parabrezza provocando gravi ferite alla testa dei due ragazzi che, come scrive il gip, “non potevano avere scampo considerato che era davvero ridotta la distanza dell’auto su cui viaggiavano e la raffica di colpi di arma da fuoco esplosa da Palumbo, soggetto avvezzo all’uso delle armi in quanto cacciatore e titolare di regolare porto d’armi”.

Palumbo si è difeso raccontando agli inquirenti che quella notte si è svegliato perché ha sentito il cane che abbaiava e l’allarme che suonava e quando è uscito sul balcone ha visto l’auto ferma davanti alla sua abitazione e un ragazzo nella sua proprietà, oltre il cancelletto. L’autotrasportatore ha riferito di aver gridato e di aver sparato quattro o cinque colpi “in direzione delle campagne di fronte” per mettere in fuga il giovane, di essere sceso in strada, di essersi avvicinato all’auto dalla quale sentiva provenire lamenti e di aver fatto subito ritorno in casa per allertare il 112.

Lo sparatore, che aveva subito un furto nella sua abitazione lo scorso settembre, dormiva con la pistola sotto il cuscino e tuttora, mentre si trova nel carcere di Rebibbia in custodia cautelare, racconta agli inquirenti di aver sparato perché pensava che i due ragazzi fossero dei ladri.

A confutare la versione fornita dall’omicida ci sono, oltre i tabulati telefonici che attestano la chiamata al 112 dopo 26 minuti dagli spari, le telecamere di sorveglianza dell’abitazione di un vicino che ricostruiscono tutto l’accaduto, appurando che i due ragazzi non si sono mai mossi dall’auto e che Palumbo, dal suo terrazzo, fosse in una posizione di vantaggio rispetto alla Panda e avesse una chiara volontà di colpirli con l’arma da fuoco. Palumbo era sicuramente carico di rabbia per aver subito il furto a settembre, ma questo particolare non può certo costituire un’attenuante dato che il quadro indiziario a suo carico è molto grave, come affermano gli inquirenti.

Mi sembra chiaro che l’autotrasportatore non potesse avere nessun intento di difesa, ma solo quello di esplodere volontariamente undici colpi di arma da fuoco contro due ragazzi innocenti che avevano l’unica colpa di aver sbagliato ad impostare il navigatore e di aver imboccato una strada che li ha condotti verso un destino atroce. Cosa sia successo in quei 26 minuti tra la carneficina e la decisione di chiamare il 112 non ci è dato sapere, così come non possiamo sapere se la moglie di Palumbo, che ha chiesto scusa alle famiglie delle vittime, abbia realmente udito solo uno sparo e abbia creduto alla versione del furto sventato, o abbia fin da subito avuto contezza dell’accaduto e preso tempo insieme al marito per decidere il da farsi. La testimonianza della donna (che in ogni caso non è perseguibile penalmente) ha colpito tutti, soprattutto quando ha confidato alle telecamere della trasmissione Ore 14 di essere distrutta per ciò che ha commesso il marito e ha dichiarato che il coniuge dovrà pagare per quello che ha fatto, anche se lei non se la sente di abbandonare un uomo che prima di quella sera si era sempre comportato come un marito e padre perfetto.

A questo proposito vale la pena soffermarsi sulla normativa vigente in fatto di detenzione e circolazione delle armi da fuoco, perché chi le possiede con regolare licenza spesso si sente legittimato ad usarle per difendersi anche quando non si trova in una situazione di effettivo pericolo. Se pensiamo che tra il 2017 e il 2019 ci sono stati almeno 131 omicidi provocati dall’uso di armi regolarmente detenute e tra il 2013 e il 2020 il numero delle licenze per porto d’armi è aumentato del 9,6%, forse occorrerebbe un intervento da parte del governo sulla legislazione vigente in materia per limitare i fatti di cronaca che vedono protagonisti cittadini sempre più intenzionati a farsi giustizia da soli.

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