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Macao, chiude il centro sociale di Milano nato nel 2012: “Incendi e violenze, siamo fuori”. Gli edifici attigui occupati da pusher e clochard

Il collettivo che aveva occupato nove anni fa una delle palazzine di viale Molise ha annunciato la chiusura. Da più di un anno negli edifici limitrofi hanno trovato dimora spacciatori e senzatetto
Macao, chiude il centro sociale di Milano nato nel 2012: “Incendi e violenze, siamo fuori”. Gli edifici attigui occupati da pusher e clochard
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La situazione era diventata insostenibile da mesi. Di fatto, il centro sociale aveva già chiuso: tutte le attività erano state sospese, la porta era sprangata e i responsabili vi accedevano solo raramente e solo in grandi gruppi. Ieri è arrivata la notizia ufficiale dai canali social del collettivo: Macao lascia la palazzina liberty della Borsa dell’ex Macello di viale Molise, a Milano, che aveva occupato nel 2012.

L’episodio di violenza più importante risale al 24 di settembre, quando un gruppo di magrebini era entrato nell’edificio con spranghe e coltelli durante un evento pubblico e si era barricato all’interno. Furti, incendi e episodi di violenza, tuttavia, andavano avanti da tempo. “Siamo fuori – scrivono i responsabili di Macao – sospendiamo la permanenza. Negli ultimi sei mesi Macao si è trovata a gestire giorno e notte una situazione complessa e delicata; a organizzare la resistenza, spesso fisica, tra discussioni, incendi, violenze e nuove difficoltà create dalla pandemia; a sostenere persone in difficoltà nella ricerca di una casa e condizioni di vita migliori; a difendere la comunità che attraversa lo spazio di viale Molise 68. Lo abbiamo fatto con il sostegno della città, degli spazi sociali e di varie associazioni che ci hanno aiutato, in dialogo con il quartiere con cui abbiamo condiviso rabbia e preoccupazione”.

I componenti del collettivo Macao, oltre alle attività culturali, si erano occupati di aiutare le persone in difficoltà, soprattutto nei mesi più difficili della pandemia. “C’è un limite che non intendiamo superare – continuano – che non fa parte della nostra storia né del nostro linguaggio. Non siamo brav* a fare paura. Ci interessa generare alleanze e socialità alternative, costruire complicità e forza, immaginare altri mondi: queste sono le cose che sappiamo fare” hanno spiegato salutando con un “arrivederci”.

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