di Franco Failli

Va chiarita subito una cosa: avere paura è lecito, non è una colpa. Semplicemente perché la paura non è qualcosa che si sceglie di avere. La paura ti prende lei, e non ti molla facilmente.

Parlo naturalmente della paura che ci abita da molti mesi e si prende le prime pagine dei giornali. Quelle stesse prime pagine che raccontano proprio in questi giorni di violenze apparentemente legate a vicende di vaccini e green pass. Non è quella violenza l’argomento di queste righe. E tutto sommato l’argomento vero non è nemmeno la paura del virus o del vaccino, anche se è di queste paure che parlo.

L’argomento vero è l’insolito atteggiamento che oggi chi ha paura ha verso di essa. E di paura ne abbiamo avuta, quando ci siamo resi conto della realtà della pandemia, che provocava la morte di un numero di persone che la mia generazione aveva solo letto nei libri di storia. Ma non è stata una paura di tutti. Ci sono state persone che pertinacemente, negando da un certo punto in poi perfino l’evidenza, non hanno avuto quella paura. Ma forse nemmeno per loro c’è stata l’assenza completa della paura. Forse hanno avuto paura proprio della paura che avrebbero dovuto provare accettando quel che stava accadendo.

In ogni caso per queste persone in quei momenti l’orgoglio è stato affermare: io non ho paura (del virus). E’ stata la paura degli altri che ha spinto i governi a tutelare le persone con iniziative che a molti sono sembrate discutibili, e ha spinto il mondo del farmaco a sviluppare una ricerca che ha stupito perfino gli esperti, con la sua velocità ed efficacia nel sintetizzare un vaccino (anzi, più di uno). E’ subentrata quindi la paura, in molte persone, di non riuscire a vaccinarsi prima di essere infettati. E allo stesso tempo è nata anche un’altra paura: quella verso il vaccino stesso, che altri hanno visto come un pericolo forse perfino maggiore di quello del virus. E l’azione governativa ha continuato ad essere coercitiva, passando dal divieto di uscire di casa all’obbligo, di fatto, a vaccinarsi.

E così fin dall’inizio abbiamo visto andare di pari passo ribellione e paura. Ed è forse la coesistenza dei due sentimenti che ha generato la confusione cui stiamo assistendo in questi giorni, con una parte della popolazione che, spaventata dalla vaccinazione, si sente allo stesso tempo portatrice di valori antigovernativi, sentiti come libertari. Oggi si potrebbe forse dire che per molti l’orgoglio è affermare: io ho paura (del vaccino).

Questo capovolgimento di atteggiamento credo sia spiegabile ipotizzando che sia diventato estremamente fluido ciò che pensiamo del coraggio e della paura, in contrapposizione a quei valori granitici che erano comuni decenni fa, secondo i quali il coraggio era “bene” e la paura “male”. Naturalmente il coraggio di cui parlo non è l’azzardo adrenalinico fine a se stesso, il cui apprezzamento è anzi forse in crescita, ma quello associato ad azioni pericolose o chiaramente svantaggiose per il singolo, da lui compiute nell’interesse della collettività.

E’ diventato usuale infatti ritenere che chi compie azioni generose abbia comunque un vantaggio nascosto, magari illecito o innominabile. O sia semplicemente uno sciocco. E applicando tutto sommato la stessa strategia mentale, chi sarebbe in grado oggi di autodefinirsi codardo o vigliacco, in conseguenza di un atto vile, dettato dalla paura? Siamo tutti bravissimi a trovare giustificazioni che ci redimano da tale impietoso giudizio. Si tratta di un riflesso che è sempre esistito naturalmente, ma mi pare che l’indulgenza verso se stessi abbia oggi raggiunto vette mai toccate prima. Tanto che forse si è superata la fase dall’indulgenza verso la codardia per arrivare a quella della rivendicazione di un vero e proprio “diritto alla paura”, con tutto ciò che ne segue in tema di, a volta malintesi, “diritti” conseguenti.

Magari ho sbagliato tutto, ma parlare con calma di questi argomenti, senza fermarci alle banalità, forse potrebbe esserci di aiuto.

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