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Ilda Boccassini, giusto celebrarla ma deve ancora chiarire quel buco investigativo

Ilda Boccassini, giusto celebrarla ma deve ancora chiarire quel buco investigativo
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La pubblicazione di un suo libro di memorie, La stanza numero 30, in libreria per Feltrinelli, è l’occasione per celebrare ‘Ilda la Rossa’, la super magistrata milanese che ha saputo tener testa alla mafia. Grande rispetto per questa donna di ferro, dalle mille risorse, volitiva e capace. Ma resta un buco… Quelle carte di credito di Giovanni Falcone – nelle memorie non se ne accenna.

Dopo l’attentato a Capaci, quel 23 maggio 1992, lei volò a Caltanissetta, stretta nell’abbraccio soffocante del super poliziotto Arnaldo La Barbera, e cominciò a indagare. Opponendosi fermamente alle indagini su quel pezzo di plastica che avrebbe potuto forse rivelare definitivamente se Giovanni Falcone era davvero stato in America, e quando, e dove in particolare – sulla faccenda si sofferma Edo Montolli ne I diari di Falcone, Chiarelettere. Sarebbe stato di grandissimo aiuto saperlo in modo definitivo: un giudice statunitense, Charles Rose, aveva detto di averlo incontrato proprio oltreoceano nell’aprile del 1992, poco prima della sua tragica uccisione; poi fece qualche passo indietro, fu fatto passare per un alcolizzato e poi ancora morì prematuramente. Anche l’avvocato Dick Martin, ex funzionario dell’Fbi, confermò il viaggio – di recente lo ha negato al telefono con la sottoscritta.

Eventualmente, che piste stava seguendo il magistrato siciliano già in forze al ministero della Giustizia? Il fatto è che Gioacchino Genchi, l’investigatore che di lì a poco avrebbe abbandonato il pool ‘Falcone-Borsellino’ guidato da La Barbera – manovratore del più grande depistaggio della nostra storia, quello delle indagini per la strage di via D’Amelio – fece di tutto per ottenere le necessarie autorizzazioni, ma lei no. Ilda disse di no. Per motivi di privacy, che di fronte a una strage non suonano bene. Disse che sarebbe stato oltraggioso “indagare su Falcone”. Ma Genchi, recuperato solo in parte il contenuto dell’agenda Casio del magistrato – il resto fu cancellato da una mano solerte – trovò scritto: 28 aprile: “Roma-Washington”. Valeva la pena approfondire.

Testimoniando al processo Borsellino-quater, Ilda la Rossa si disse sicura che il viaggio non c’era stato e, rispondendo all’avvocato Fabio Repici che insisteva sul punto, tagliò corto: “Il viaggio in America di Falcone è una menzogna”. Ma non valeva la pena fare quella verifica?

Oggi lei parla di Giovanni Falcone per altre faccende che qui non interessano. Ecco, se invece avesse la cortesia di spiegarci quel piccolo buco investigativo, allora potremmo unirci alla celebrazione della sua figura con animo più sereno.

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