Il disordinato ritiro delle truppe della coalizione occidentale dall’Afghanistan, conclusosi il 31 agosto, si porta dietro ancora degli strascichi. E a pagarne le conseguenze, ancora una volta, dopo aver dovuto accettare la nascita di un nuovo governo a guida talebana, rischia di essere la popolazione civile. L’ultimo caso riguarda 250 interpreti locali che negli ultimi 20 anni di conflitto hanno offerto i propri servizi al personale e alle truppe britanniche. Per un errore del ministero della Difesa di Londra, infatti, i loro nomi e contatti sono stati diffusi, mettendo queste persone e le rispettive famiglie, molte delle quali non sono state evacuate dal Paese, a rischio di ritorsioni da parte degli Studenti coranici, i nuovi padroni dell’Afghanistan.

Il ministro della Difesa, Ben Wallace, si è affrettato a scusarsi per l’accaduto, promettendo l’apertura di un’inchiesta per stabilire le responsabilità, ma non è la prima volta che l’incolumità dei collaboratori britannici viene messa a repentaglio. Nelle scorse settimane il personale diplomatico in fuga da Kabul aveva abbandonato nella sede evacuata dell’ambasciata documenti con informazioni sui contatti di diversi ex collaboratori locali potenzialmente a rischio di ritorsioni. E anche per quell’episodio era stata annunciata un’inchiesta interna da parte del ministero degli Esteri.

Quest’ultimo errore ha invece reso pubbliche, e potenzialmente a disposizione dei miliziani islamisti, attraverso un messaggio di posta gli indirizzi email degli ex collaboratori di Londra. Di alcuni di loro non sono presenti solo i nominativi associati alle caselle di posta, ma in alcuni casi anche le loro immagini di profilo. Alcuni di questi si stanno ancora nascondendo a Kabul in attesa di essere trasferiti in Gran Bretagna per sfuggire a una rappresaglia talebana.

Articolo Precedente

Caso Litvinenko, la Corte di Strasburgo condanna la Russia per il suo avvelenamento: “Non ha fornito spiegazioni convincenti”

next
Articolo Successivo

El Salvador, dopo l’adozione del bitcoin aumenta il dissenso verso il presidente ‘millennial’ Bukele

next