Una strage nella strage. A vent’anni dall’attentato dell’11 settembre 2001 si fanno ancora sentire pesantemente le patologie, fisiche e psicologiche, che hanno colpito i sopravvissuti al crollo, i residenti e i soccorritori intervenuti nell’area delle Twin Towers. Sono circa 25mila le persone affette da tumori, malattie croniche polmonari e dell’apparato digestivo, oltre che da forti disturbi mentali da stress post-traumatico. Un folto gruppo di malati, peraltro destinato ad aumentare ulteriormente, che oggi viene assistito dal World Trade Center Health Program, il programma di monitoraggio finanziato dal governo statunitense per seguire l’andamento delle condizioni di salute di chi è stato esposto alle polveri della nube tossica scaturita dall’esplosione e dal crollo delle torri.

“Gli iscritti al programma sono oltre 100mila, di cui 50mila si sottopongono a controlli regolari. Di questi, circa la metà è affetta da una o più patologie correlate al disastro dell’11 settembre”, spiega Roberto Lucchini, professore di Medicina del lavoro e ambientale dell’Università di Brescia, ora impiegato alla School of Public Health di Miami. Che aggiunge: “Il crollo delle torri ha provocato una nube tossica carica di inquinanti: amianto, diossine, metalli pesanti“. Tutte sostanze che nel medio termine hanno compromesso la salute di coloro che le hanno respirate. Tra le patologie più diffuse c’è il cancro: secondo il medico l’incidenza dei tumori tra i membri del programma è infatti di circa il 10-20% più alta rispetto alla media nazionale. Si tratta per lo più di forme che colpiscono pelle (6.403 casi), prostata (5.197), seno (1.839), tiroide (1270), polmoni e bronchi (1.169) ma anche melanomi (1.505), linfomi (1.324) e leucemie (854). E che potrebbero continuare a manifestarsi, precisa Lucchini: “Alcune sostanze possono provocare tumori che si sviluppano in tempi lunghi: l’amianto per esempio può provocare tumori anche dopo 30 anni dall’esposizione”.

Non solo patologie cancerogene però. Tra le malattie correlate all’esposizione alla nube rientrano infatti anche l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, la fibrosi polmonare, oltre a riniti e sinusiti. C’è poi chi soffre di reflusso gastroesofageo cronico mentre quasi un quinto dei 100mila “reduci” dell’attentato ha disturbi menali: si tratta per la precisione di 18.989 persone. “Ora la ricerca sta lavorando anche sull’impatto cognitivo provocato dalla catastrofe. E non solo sugli effetti da stress post traumatico“, spiega Lucchini. Questo perché le polveri innalzatesi nell’aria dopo il crollo dei due grattacieli contenevano molte sostanze dannose per il sistema nervoso. “Lo sviluppo di casi di demenza è un nuovo dato che stiamo osservando. La perdita di memoria o anche le difficoltà di concentrazione anomale negli under 65 potrebbero infatti essere un campanello d’allarme per diagnosi di Alzheimer“, ha aggiunto.

Non solo. Da uno studio sull’incidenza del Covid condotto da gennaio ad agosto 2020 e pubblicato sul sito Plos One, il tasso di positività al virus si attesta al 22% sui 6.600 ex soccorritori del World Trade Center che componevano il campione oggetto d’analisi. Un’incidenza praticamente doppia rispetto alla media nazionale che si registra negli Stati Uniti, pari a 1.262 contagiati ogni 10 mila abitanti, cioè il 12,5%. I danni subiti dai loro polmoni li rendono infatti più vulnerabili al coronavirus.

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