di Felice Damiano Torricelli*

Le istituzioni sono impegnate a mettere in campo ogni sforzo per raggiungere, attraverso la vaccinazione di massa, quella immunità di gruppo che pare essere l’unica condizione in grado di salvarci dal Covid. Si sprecano gli appelli alla responsabilità, i dati scientifici divulgati, i miti anti-vaccinali sfatati. Solo che queste comunicazioni non funzionano. Anzi, appaiono controproducenti.

Alla base del fallimento di queste campagne c’è l’idea che le convinzioni anti-vaccinali si basino sulla mancata conoscenza o sulla mancata comprensione dei dati, la credenza che gli atteggiamenti si costruiscano sulle prove e sulla razionalità. Da decenni, invece, la psicologia ci insegna che le persone sviluppano gli atteggiamenti attraverso intuizioni, emozioni e “risposte viscerali” spesso difficili da articolare.

La ricerca in psicologia rileva quattro “radici profonde” degli atteggiamenti che sottostanno alle credenze e ai comportamenti anti-vaccinali: le credenze cospirative, per cui le persone sono portatrici di una “visione cospirazionista” del mondo, per cui reti nascoste di interessi cercano di orientare malevolmente la massa, sforzandosi di mantenere segreti dati rilevanti; la sensibilità al disgusto, per cui alcune paure o vere fobie possono essere alla base di credenze antiscientifiche (ad esempio, le persone che hanno reazioni di ribrezzo per il sangue, gli aghi, gli ospedali, la sofferenza fisica possono sviluppare atteggiamenti che permettano loro di evitare i fattori scatenanti della loro paura); la reattanza, la tendenza delle persone ad avere una bassa tolleranza per le violazioni delle loro libertà, per cui chi è portato a rappresentarsi come anticonformista e libertario può essere motivato a rifiutare opinioni che ritiene massificate proprio per comunicare a sé e agli altri la sua identità; la visione individualistica del mondo, per cui le persone pensano che sia meglio che ogni individuo prenda le decisioni per se stesso, per cui l’immunizzazione di massa viene vista come un’iniziativa eccessivamente intrusiva da parte dei governi sulla vita dei singoli.

Alla luce di queste conoscenze, allora, un modo più efficace per sostenere il cambiamento è identificare i motivi psicologici alla base dell’atteggiamento di rifiuto della vaccinazione e adattare gli interventi comunicativi, in modo da renderli coerenti con le motivazioni profonde che portano le persone allo scetticismo.

Per esempio, è controproducente cercare di ridurre il pensiero cospirativo opponendovisi in maniera diretta. Piuttosto, se si accetta di confrontarsi con la visione del mondo che sottende questo pensiero, si può riconoscere la possibilità che esistano cospirazioni e al contempo mostrare come possano esserci interessi consolidati e non dichiarati orientati proprio a oscurare i benefici delle vaccinazioni e a esagerarne i pericoli.

Allo stesso modo, può non essere possibile ridurre i livelli di reattanza delle persone ma è possibile far loro rilevare che i movimenti anti-vaccinali esercitano una forte pressione sul conformismo di gruppo, scoraggiando proprio la loro libertà individuale. Per coloro che partono da una difficoltà con l’esposizione al sangue, all’ospedalizzazione e al dolore, l’evitamento della vaccinazione è una strategia di riduzione dell’ansia a breve termine ma si può incidere sull’atteggiamento anti-vaccinale accogliendo i loro timori e rappresentando le conseguenze della malattia in termini di ospedalizzazione e sofferenza. E anche con coloro che portano una visione individualistica del mondo si può argomentare accogliendo il dubbio sulla misura opportuna dell’invadenza dello Stato e, al contempo, sottolineare i benefici sociali ed economici conseguibili, per l’individuo, attraverso la vaccinazione.

La comunicazione efficace, quindi, anche in questo caso si può basare solo su messaggi che comprendano e tengano in conto le diverse motivazioni profonde che sostengono gli atteggiamenti scettici o avversi sui vaccini. L’azione trasformativa per cui gli psicologi possono dare una mano è proprio quella – fondamentale in quest’epoca – di sostenere la capacità di ascolto delle motivazioni di tutti, di aiutare la comunicazione istituzionale a entrare in relazione, di volta in volta, con le paure, le ideologie e le tematiche identitarie anche di chi tiene un atteggiamento anti-vaccinale.

*psicologo e psicoterapeuta, Presidente Enpap (Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli psicologi)

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