Tante le reazioni al post su Claudio Durigon e i giardini di Latina da reintitolare ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, come era stato fatto venti anni fa circa dall’allora sindaco Ajmone Finestra e poi dedicati ai giudici Falcone e Borsellino dall’attuale sindaco Damiano Coletta. Una intitolazione mal digerita da molti e non perché non amino i due giudici siciliani. “Solo per principio” hanno commentato in tanti al netto anche di pesanti offese alla sottoscritta, rea di aver lanciato l’idea di superare questo annoso dibattito e l’idea di questa città legata solo e sempre al nome di Mussolini.

Se la storia non si rinnega, e siamo tutti d’accordo, non si può però non pensare al futuro della città, fatto di diritti e di doveri per tutti. Per quelli di destra che ancora vivono del passato e per quelli di sinistra che invece lo vogliono cassare.

Un equilibrio si potrebbe anche trovare, no? Tra i tanti interventi, molti esacerbati e slabbrati, come ho già detto, ne voglio considerare uno che secondo me, invece, potrebbe riconciliare e riappacificare le varie anime. È su questo che dobbiamo insistere, anche perché la nostra realtà e la nostra storia non si possono certo cambiare con un colpo di spugna.

L’autorevole pensiero è del direttore della Casa dell’Architettura di Latina, l’architetto Pietro Cefaly, da sempre detentore e custode qualificato del nostro passato. È lui che nel suo archivio custodisce il “tesoro” di questa città. È lui quindi la persona più saggia che possa dire qualcosa su questa storia.

Dice Cefaly: “Premetto che il dibattito Mussolini versus Falcone e Borsellino (o viceversa) non mi entusiasma, premesso altresì che intitolare un parco a Falcone e Borsellino non sia una scelta dichiaratamente antifascista, anzi al contrario, è un non scegliere. È buttare la palla in tribuna e continuare ad ammiccare alla città del duce (e ai suoi nostalgici eredi elettori). Sul tema occorre eliminare le ambiguità. Nulla contro Falcone o Borsellino e spero nulla neanche contro Peppino Impastato e altre migliaia di eroi. Ma così non se ne esce. Anzi ci si impantana. Un modo per uscire con chiarezza sarebbe intitolare il piazzale antistante Palazzo M alla liberazione di Littoria, 25 maggio 1944 e realizzare, nello spazio interno, un ‘giardino della Pace’ (finalmente!). Questo significa fare i conti col passato. Chiuderli definitivamente e guardare avanti. Ce la sentiamo?”

E aggiunge ancora: “Forse ha senso capire che occorre fare i conti col passato. Cosa da cui si guardano bene alcuni di questa amministrazione che la menano sempre con Latina, Littoria e il Quadrato (i nomi della città, nda), tanto per non scegliere. La verità che il cambiamento non è quello sui manifesti elettorali. Tocca praticarlo. Ma questo, come tutte le cose che contano, hanno un prezzo. Anche elettorale”.

Il prezzo elettorale lo pagherebbero tutti se, con coraggio e in piena campagna elettorale, affrontassero quanto suggerito da Cefaly. Chissà se riconoscere i propri errori passati e presenti farebbe ripartire un dibattito non divisivo e lacerante in questa città, l’unica in Italia che a causa della sua giovinezza non riesce a elaborare un lutto che altri invece vorrebbero cancellare con un colpo di spugna? È arrivato il tempo di farlo. È arrivato il tempo di confrontarsi sulle radici, accettarle e poi volgere definitivamente lo sguardo al futuro parlando di ambiente, innovazione, tecnologia, urbanizzazione, inquinamento, smart city eccetera. Temi tutti determinanti e necessari per far diventare definitivamente Latina una città moderna e “futurista”.

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