Shabnam Dawran, nota giornalista e presentatrice della tv di Stato afghana RTA ha denunciato di essere stata cacciata dai talebani dal suo luogo di lavoro. In un video pubblicato su Twitter e rilanciato dal direttore di Tolo News Miraqa Popal, lei stessa ha raccontato quanto avvenuto in mattinata quando si è presentata in redazione per lavorare: “Nonostante indossassi l’hijab e avessi il mio pass identificativo, i talebani mi hanno detto che il regime è cambiato e di andare a casa”, ha dichiarato.

Popal, tra coloro che per primi hanno diffuso il video denuncia, è direttore dell’emittente afghana che ieri ha rimandato in onda le conduttrici che mancavano da quando i talebani avevano preso Kabul. Ed è stata proprio una donna a intervistare uno degli esponenti dei talebani, nel tentativo di resistere a qualsiasi cambiamento imposto dal regime. Ma malgrado i piccoli segnali che per alcuni dovrebbero lasciar intendere un approccio “moderato”, rimane alto il timore da parte delle giornaliste di non poter continuare a fare il proprio lavoro. E quanto avvenuto a Shabnam Dawran è solo uno dei tanti campanelli d’allarme. Solo ieri i talebani, insieme alle tante promesse pronunciate, hanno anche detto di essere pronti a coinvolgere le donne nel nuovo governo. Tutto questo però sarà condizionato dal ritorno della Sharia, ovvero la legge islamica che a seconda delle interpretazioni impone molte restrizioni ai diritti delle donne: dall’obbligo del velo integrale al divieto di lavorare o studiare.

Shabnam Dawran non è l’unica che in queste ore sta denunciando i pericoli per se stessa e per le donne afghane. Ad esempio, la collega Sadid Lailuma, giornalista di Brussels Morning, mentre in diretta rivolgeva la sua domanda al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, non ha trattenuto lacrime di rabbia: “Com’è possibile che sia successo questo?”, ha chiesto nel corso della conferenza stampa trasmessa in tv. “La prego, non riconosca i talebani senza condizioni come fatto da Trump. Molte donne non sanno cosa succederà in futuro e temono di tornare indietro di 20 anni”.

La protezione delle giornaliste e dei giornalisti afghani è uno dei temi sollevati a livello internazionale in queste ore di profonda incertezza. E anche in Italia si sta cercando di tenere vivo l’argomento sul tema. In una nota congiunta le Commissioni Pari Opportunità della Fnsi, dell’Ordine dei giornalisti, dell’Usigrai e il gruppo GiULiA hanno espresso la loro preoccupazione per la situazione delle colleghe afghane e non solo. “Resti alta l’attenzione internazionale sui diritti delle donne afghane e sulla libera informazione”, si legge. “Noi giornaliste italiane siamo molto preoccupate, per contatti diretti e indiretti, per la sorte delle colleghe afghane. La libera informazione messa oggi al bando dalla conquista talebana, le difficoltà e i pericoli per i giornalisti che hanno manifestato in questi anni il loro libero pensiero, le intimidazioni e le minacce, vedono le donne professioniste dell’informazione come prime vittime, costrette alla fuga, a rischio della propria vita”. E i colleghi e le colleghe italiane si sono unite all’appello delle giornaliste spagnole che hanno chiesto maggiore attenzione per le donne che sono maggiormente in pericolo “sia per aver svolto mansioni professionali vietate dai talebani, sia per aver frequentato scuole e università, sia per aver condotto la propria vita al di fuori della moralità fanatica”. Per questo, continuano, “servono nell’immediato corridoi umanitari” e che “resti alta l’attenzione”. Perché , concludono,”non ci illudiamo purtroppo di fronte alle prime mosse propagandistiche”.

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