Il 26 settembre con un referendum popolare i cittadini della Repubblica di San Marino decideranno se rendere legale l’aborto entro i confini del loro Stato. Il quesito referendario, indetto dall’Unione Donne Sammarinesi (Uds), è infatti la legalizzazione dell’aborto entro le 12 settimane di gravidanza e anche oltre questo periodo in caso di pericolo di vita per la donna o per gravi malformazioni del feto. A oggi a San Marino abortire è ancora un crimine: le donne non possono ricorrervi in nessun caso. Non quando sono in pericolo di vita, ma neanche se sono rimaste incinta dopo uno stupro e nemmeno se le condizioni del feto sono incompatibili con la vita. Figurarsi nel caso vogliano rivendicare una libertà di scelta, che nella stragrande maggioranza dei Paesi occidentali è conquista del secolo scorso. Le sammarinesi che vogliano abortire sono infatti costrette ad andare all’estero: “Solitamente negli ospedali dell’Emilia Romagna, dove per abortire spendono come minimo 1.500 euro, più le spese dell’albergo. Non sappiamo quante siano queste donne perché, nonostante le tante richieste avanzate alla politica e al nostro segretario di Stato, nessuno ha mai chiesto alla Ausl dell’Emilia Romagna i numeri”, spiega al fattoquotidiano.it la presidente dell’Unione Donne Sammarinesi e del comitato per il referendum, Karen Pruccoli.

Il codice penale di San Marino “rimasto più o meno invariato dal 1865” prevede all’articolo 153 e 154 “la reclusione da tre a sei anni per ogni donna che abortisce e per ogni persona che la aiuta e che procura l’aborto”. Nel 2021 un referendum per legalizzare una pratica che in Italia è in vigore dal 1978 può apparire tardivo, ma, come spiega Pruccoli “sono 18 anni, dal 2003, che stiamo cercando di ottenere la legalizzazione dell’Interruzione volontaria di gravidanza. Prima hanno tentato dei gruppi politici di sinistra, fallendo. Negli ultimi sette anni l’Uds ha provato con tutti gli strumenti previsti dalla nostra democrazia diretta: innumerevoli Istanze d’Arengo (richieste di pubblico interesse ndr), alcune addirittura approvate ma mai applicate; due disegni di legge di iniziativa popolare (nel 2014 e nel 2019), messi illegalmente in un cassetto. Finché nel 2020 abbiamo deciso di muoverci verso il referendum, nella totale indifferenza della politica, che si è svegliata solo quando abbiamo presentato le 3mila firme necessarie per indirlo. Prima del Duemila la battaglia per l’Ivg era impensabile. Dagli anni ’70 le donne sammarinesi hanno combattuto per altri diritti: la cittadinanza e la trasmissione della cittadinanza ai figli. Una donna sammarinese che si sposava con un non sammarinese perdeva infatti la cittadinanza, a differenza di quanto capitava agli uomini nelle medesime condizioni”.

In effetti la storia della Repubblica del Titano mostra un ritardo cronico in tema di diritti. La legge sul divorzio arriva a San Marino nel 1986, 16 anni dopo rispetto all’Italia. Quella per il voto attivo alle donne entra in vigore nel 1964, per quello passivo nel 1974: rispettivamente 19 e 28 anni in ritardo rispetto all’Italia. A San Marino fino al 2004 l’omosessualità era considerata un reato. “Mentre dal 2018 anche nel nostro Stato si celebrano le unioni civili”, spiega Pruccoli. “Il vero problema è che negli ultimi vent’anni, con una piccola eccezione durata tre anni, la stragrande maggioranza dei governi era conservatore e antiabortista. A San Marino abbiamo ancora la Democrazia cristiana: il nostro è un paese cattolico, fortemente tradizionalista e patriarcale. Un terreno politico che, ovviamente, ha avuto come conseguenza anche una sottorappresentanza politica delle donne, che sono, dopo tante battaglie dell’Uds, il 33% in Parlamento. Mentre soltanto una donna su 10 è Segretario di Stato, figura equiparabile al ministro italiano”.

All’interno dell’Europa, oltre San Marino, sono due le micro nazioni in cui l’aborto è ancora totalmente illegale: Andorra e Malta. Fino a un mese fa, nell’elenco rientrava anche Gibilterra, che il 24 giugno in seguito a un referendum popolare ha reso l’Ivg legale. “Le donne di Gibilterra hanno vinto con il 62%”, racconta Pruccoli, “Siamo in costante dialogo con loro, con le donne di Malta e dell’Andorra. Rimaniamo vicine alle donne polacche, che si sono viste ridurre ulteriormente il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. Per San Marino i tempi non sono maturi, sono maturissimi. Abbiamo ricevuto grande riscontro da parte della cittadinanza: il 26 settembre sarà un appuntamento con la storia dei diritti della donne: speriamo di vincerlo per tutte e per tutti”.

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