Mancano poche settimane al ritiro delle truppe Nato dall’Afghanistan, che risulta sempre più sull’orlo di una crisi umanitaria e dove i talebani dicono di avere riconquistato riconquistano aree sempre più ampie (addirittura parlano dell’85% del territorio, ma il dato non trova conferme ufficiali). In più, l’esercito addestrato dalla coalizione internazionale sembra sul punto di disgregarsi mentre il Paese sta piombando nel caos. I talebani hanno infatti lanciato una vasta offensiva nel Paese all’inizio di maggio, quando le forze straniere guidate dagli Stati Unitiche se ne andranno definitivamente il 31 agosto, 11 giorni prima di quanto annunciato – hanno iniziato il ritiro definitivo, e da allora hanno catturato almeno altri tre valichi lungo i confini con il Tagikistan, il Turkmenistan e l’Iran.

E proprio oggi hanno dichiarato di avere preso il controllo del valico di frontiera Spin Boldak, considerato strategico, con il Pakistan. Una notizia che è stata in un primo momento confermata anche da fonti della sicurezza pakistana ma che è stata successivamente smentita dalle forze governative afgane. Il portavoce del ministero dell’Interno, Tareq Arian, ha infatti precisato che l’attacco è stato respinto.

Il video dei militari giustiziati dai talebani – Ma, al di là dell’episodio di oggi al confine col Pakistan, l’incubo del ritorno dei talebani è già realtà, con il loro carico di violenza che fa strage tra i civili e anche tra i militari governativi, passati per le armi. Che la situazione sia seria è confermato da un video diffuso ieri dalla Cnn che mostra un gruppo di soldati disarmati, almeno una dozzina, giustiziati dai talebani al grido di Allah u Akhbar. I militari erano membri di un’unità delle forze speciali e l’esecuzione è avvenuta il 16 giugno nella città di Dawlat Abad, nella provincia di Faryab, vicino al confine con il Turkmenistan. “Un filmato profondamente inquietante che offre una visione orribile della situazione sempre più disperata nella quale si trova l’Afghanistan“, ha commentato Samira Hamidi di Amnesty International.

Difficile stabilire se quell’85 per cento di territorio che i talebani dicono di controllare è davvero nelle loro mani. Ma le fonti convergono nel valutare che il governo del presidente Ashraf Ghani detiene poco più di una costellazione di capoluoghi di provincia che devono essere in gran parte riforniti per via aerea mentre i governi occidentali invitano i loro concittadini a lasciare il Paese. La Francia, ultima in ordine di tempo, ha chiesto a tutti i connazionali di abbandonare l’Afghanistan a causa “dell’evoluzione della situazione legata alla sicurezza nel Paese e tenuto conto delle prospettive di breve termine” e ha messo a disposizione “un volo speciale la mattina del 17 luglio, in partenza da Kabul“. Il primo luglio anche la Germania aveva invitato i tedeschi a partire in quadro che vede soldati fuggire dal Paese o arrendersi ai talebani consegnando loro equipaggiamenti e armi.

Secondo gli ultimi dati, oltre mille militari hanno passato i confini e centinaia si sono consegnati in rese di massa videoregistrate dai miliziani e condivise sui social in modo da moltiplicare l’effetto propaganda e accrescere il terrore della popolazione che letteralmente non sa più a chi rivolgersi. Nei video si vedono i governativi abbracciare i nemici e ricevere del denaro in modo da stimolare l’emulazione anche nelle aree più remote, dove già il controllo dell’esercito era debole.

L’avanzata dei talebani – “Ora che i combattimenti dalle montagne e dai deserti hanno raggiunto le porte delle città, i mujahiddin (talebani) non vogliono combattere all’interno della città”, ha detto un esponente talebano, Amir Khan Muttaqi, in un messaggio diffuso via Twitter invitando di fatto le autorità locali a negoziare la resa. Subito dopo, un’esplosione nel centro di Kabul ha provocato la morte di quattro civili e il ferimento di un’altra decina di persone: una sorta di avvertimento che neppure la capitale è sicura. Tanto che gli Stati Uniti temono – secondo il Guardian – che Kabul possa cadere in pochi mesi.

Un altro avvertimento, questa volta verbale, è stato lanciato alla Turchia che di recente aveva annunciato l’invio di truppe per proteggere l’aeroporto di Kabul alla partenza di tutte le forze straniere. “La decisione è imprudente, è una violazione della nostra sovranità e integrità territoriale e va contro i nostri interessi nazionali”, ha affermato il gruppo in un comunicato. Intanto l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, ha lanciato l’allarme per la crisi umanitaria che sta investendo il Paese per l’escalation del conflitto. “Da gennaio di quest’anno sono stati circa 260mila gli sfollati interni afghani, principalmente a causa della violenza”, stima l’Unhcr in una nota. Secondo un rapporto dell’Unama (la Missione di assistenza delle Nazioni Unite), il numero di “vittime civili è aumentato del 29% durante il primo trimestre di quest’anno rispetto al 2020. E si tratta soprattutto di donne e bambini“. Due categorie che per l’ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, saranno quelle che pagheranno per il ritiro delle truppe Nato dall’Afghanistan, un “errore” per il quale subiranno “danni indescrivibili”. Fu proprio Bush, all’epoca alla Casa Bianca, che inviò i soldati americani nell’autunno del 2001 a seguito degli attacchi dell’11 settembre.

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