Un europarlamentare della Lega, Matteo Adinolfi, è indagato per scambio elettorale politico-mafioso in un’inchiesta che ha portato ai domiciliari un imprenditore del settore dei rifiuti e un suo collaboratore. Polizia e Carabinieri hanno eseguito gli arresti in base all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Latina, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, nell’ambito dell’indagine “Touchdown”, in cui si è accertato l’intervento illecito di Raffaele Del Prete – titolare della Del Prete srl, azienda attiva nella raccolta e trasporto di rifiuti urbani – nelle elezioni comunali del 5 giugno 2016. Pagando una somma di 45mila euro in tre tranche a membri del clan Di Silvio, ricostruiscono gli inquirenti, Del Prete assicurava l’aggiudicazione di almeno duecento voti ad Adinolfi – coordinatore della Lega in provincia di Latina, attuale deputato al Parlamento di Bruxelles e allora capolista candidato al consiglio comunale nella lista “Noi con Salvini” – nei quartieri di influenza criminale del clan.

Le evidenze investigative sono state confermate, tra l’altro, dalle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia Agostino Riccardo e Renato Pugliese. In particolare, Riccardo – anche lui indagato nello stesso procedimento – secondo gli inquirenti era il tramite dell’accordo politico-mafioso tra il clan e l’imprenditore, avendo ricevuto una sorta di “investitura” dai Di Silvio a curare i rapporti con la politica nel territorio di Latina, compreso il sostegno ad Adinolfi e l’attacchinaggio dei suoi manifesti in occasione delle comunali del 2016. In base all’accordo, nessuno degli appartenenti alla famiglia criminale si sarebbe dovuto presentare presso la sede del partito, per evitare di apparire come ”collettore” di voti, ma Del Prete avrebbe comunicato con il clan solo attraverso Riccardo. Dal punto di vista dell’imprenditore, l’elezione di Adinolfi era funzionale a ottenere il monopolio nella gestione dei rifiuti e delle bonifiche nel territorio pontino. “Vediamo cosa dicono le carte, io ho fiducia nella magistratura, ma io so che non ho fatto nulla”, dice l’europarlamentare raggiunto dall’AdnKronos, “non aggiungo altro, ora sto rientrando a Roma da Bruxelles”.

“Quanto sta emergendo dall’inchiesta della Dda sulle elezioni amministrative per il Comune di Latina con i relativi arresti è un quadro preoccupante“, dice la senatrice Pd in Commissione antimafia Monica Cirinnà. “Confidiamo nell’attento lavoro della magistratura, ma se le accuse venissero confermate ci troveremmo di fronte ad un pericoloso voto di scambio che vede coinvolti politici della Lega, imprenditori e mafiosi. Il basso Lazio, come più volte sottolineato dalla commissione Antimafia, si dimostra un territorio ad altissimo rischio di infiltrazione criminale che può condizionarne la vita politica, economia e sociale. Mi auguro che si faccia luce al più presto per consentire ai cittadini di esprimere il loro diritto al riscatto e alla rinascita“. “Gli arresti di stamattina testimoniano il pericolo della distruzione del processo democratico se la politica non si schiera in maniera forte e determinata contro le mafie”, scrivono invece in una nota i componenti M5s della commissione. “Spiace vedere chi come Salvini, continua a fare propaganda senza risolvere quelli che sembrano gravi problemi di selezione dei suoi candidati. È chiara la sua responsabilità politica se non vigila su quanto avviene nel suo partito”.

“Le notizie che questa mattina arrivano da Latina sono preoccupanti. Se dovessero essere confermate le accuse della Procura ci troveremo di fronte ad un quadro grave ed inquietante, che porterebbe alla luce un rapporto tra clan mafiosi e rappresentanti della Lega. A prescindere da come finirà la vicenda, ad ottobre ci sarà un importante appuntamento amministrativo, l’augurio è che tutte le forze politiche facciano attenzione ai propri candidati e, soprattutto, ai loro rapporti”, scrive, in un comunicato, il vice segretario del Pd del Lazio Enzo Foschi. Di segno opposto invece il commento del senatore di Forza Italia Francesco Giro: “Abbiamo appena assistito alla conclusione del lungo e terribile calvario giudiziario di Gianni Alemanno e abbiamo tutti denunciato i guasti provocati dall’uso politico della giustizia, ma ecco subito scattare il riflesso condizionato del giustizialismo di sinistra, contro il primo partito italiano, sull’onda di un’inchiesta a Latina che mostra le sue prime scelte ma della quale ignoriamo ancora i contenuti e gli esiti possibili. Abbiamo visto come è finita con Mafia Capitale, dove erano tutti mafiosi nel 2014 per poi essere giudicati dalla Cassazione tutti non mafiosi nel 2020-21″, argomenta.

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