“Porci”. Il cardinal Angelo Becciu, già Sostituto della Segreteria di Stato vaticana, avrebbe così replicato a monsignor Alberto Perlasca, responsabile dell’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato fino al 2019, che gli aveva riferito le domande dei magistrati dell’Ufficio del promotore di Giustizia sulla manager sarda Cecilia Marogna, cui erano stati versati 575mila euro della Santa Sede. Il particolare emerge nel decreto che dispone il rinvio a giudizio di 10 persone incluso il porporato, dove è riportato anche che Perlasca avrebbe riferito agli inquirenti vaticani che “Becciu mi disse di scaricare Signal per chat più sicure”. Non solo. Il porporato gli avrebbe intimato “di cancellare i suoi sms“.

Il racconto di Perlasca è in un memoriale consegnato agli inquirenti e finito agli atti nel decreto di citazione a giudizio sullo scandalo del palazzo di Londra. L’interrogatorio del monsignore era avvenuto solo pochi giorni dopo la segnalazione da parte della Nunziatura di Lubiana relativa alla manager cagliaritana e alla sua società Logsic. “Due giorni dopo l’interrogatorio – scrive Perlasca – andai dal Card. Becciu e gli riferii tutto quello che mi aveva detto il magistrato. Lui rimase molto turbato che si fosse parlato di questo argomento (disse: che porci!), e mi rimproverò aspramente per aver mantenuto nel telefonino i messaggi che lui mi aveva inviato e che avrei invece dovuto cancellarli. Io gli dissi che non ne vedevo il motivo, dal momento che lui mi aveva detto che l’operazione era stata voluta dal Santo Padre e quindi io pensavo di agire correttamente. In quella circostanza, mi disse di conoscere quella donna, che era del Dis. Mi disse di sapere che sarebbe stata costituita una società, ma che non sapeva che era stata costituita in Slovenia”.

In un interrogatorio successivo, Perlasca poi racconta che quando riferì a Becciu delle domande “sulla vicenda della Slovenia, egli effettivamente rimase molto contrariato. Mi fece scaricare l’applicazione Signal precisandomi che attraverso tale applicativo le chat si autodistruggono in maniera indelebile dopo poco tempo”. Poi quando gli dissi “di aver appreso che gli inquirenti avevano accertato che le somme inviate per la liberazione della suora erano andate almeno parzialmente per spese voluttuarie, egli rispose che l’indomani avrebbe telefonata alla signora affinché reintegrasse quanto prelevato indebitamente”. Quanto riferito da Perlasca, sottolineano gli inquirenti vaticani, “è particolarmente significativo se si considera che all’epoca, fine mese di aprile 2020, Angelo Becciu, come evidenziato, non era nemmeno sospettato di aver avuto concorso nella commissione di alcun reato”. Perlasca ha cominciato a collaborare con gli inquirenti a fine agosto 2020, fornendo, come si legge nel decreto di citazione a giudizio, “un prezioso contributo per la ricostruzione di alcuni momenti centrali della vicenda relativa al palazzo di Londra”. Sempre Perlasca, sottolineano gli inquirenti vaticani, “non ha mancato di nutrire dubbi sulla gestione di altre operazioni caldeggiate da Angelo Becciu come, ad esempio, il concerto di beneficenza offerto da Claudio Baglioni e di sottolineare la particolare abilità del Cardinale nel gestire la comunicazione per veicolare le notizie verso giornalisti compiacenti”.

Le dichiarazioni del responsabile dell’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato fino al 2019 sono considerate “un prezioso contributo per la ricostruzione di alcuni momenti centrali della vicenda relativa al palazzo di Londra”. Anche l’architetto Luciano Capaldo, ex collaboratore di Torzi e attuale gestore dell’immobile di Londra, viene giudicato “una fonte dichiarativa importante” dai magistrati vaticani, a cui ha fatto tra l’altro pervenire un articolato dossier informativo sul palazzo di Sloane Avenue che per i pm della Santa sede “costituisce un prezioso punto di riferimento, oltre che per inquadrare i termini di riferimento dal punto di vista economico dell’operazione, anche per illuminare sui ruoli svolti da Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi”.

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