Ad uccidere Saman Abbas è stato lo zio Danish Hasnain. Lo ha ribadito nell’incidente probatorio il fratello 16enne della ragazza d’origine pachistana scomparsa da quasi un mese e mezzo a Novellara, nella Bassa Reggiana. La testimonianza del minore è stata cristallizata, confermando quanto già aveva detto agli inquirenti sull’omicidio della sorella diciottenne. L’audizione protetta stamattina in tribunale davanti al gip a Reggio Emilia era cominciata alle 9.30 ed è durata poco più di due ore. Durante l’audizione, stando alle ricostruzioni, il fratello di Saman avrebbe protetto i genitori nel rispondere alle domande. Il ragazzo è ancora sotto protezione in una comunità e, come riferito dalla Gazzetta di Reggio nei giorni scorsi, avrebbe tentato di scappare. Hasnain, 33enne, è ricercato in Europa insieme agli altri indagati: i genitori di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, fuggiti in Pakistan, e il cugino Nomanulhaq Nomanhulaq che pure si presume sia in Europa.

L’altro cugino indagato, Ikram Ijaz, unico arrestato della vicenda, ha assistito all’audizione di stamattina in videocollegamento dal carcere di Reggio Emilia: lì è detenuto dal 9 giugno quando è stato consegnato all’Italia dalle autorità francesi che lo avevano fermato il 28 maggio scorso mentre fuggiva verso la Spagna. Tutti e cinque gli indagati sono accusati di omicidio premeditato, occultamento di cadavere e sequestro di persona. Ijaz, hanno detto i suoi avvocati difensori, ha confermato la volontà di rendere dichiarazioni spontanee al pm e “lo faremo prima possibile”. Ijaz era stato ripreso il 29 aprile dalle telecamere di sorveglianza dell’azienda agricola dove viveva e lavorava la famiglia di Saman, mentre con lo zio Danish Hasnain e l’altro cugino Nomanhulaq Nomanhulaq si dirigevano verso i campi con pale, piede di porco e un secchio, presumibilmente per scavare la fossa in cui celare il corpo. Era il giorno prima del presunto delitto avvenuto nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio. Nell’interrogatorio di garanzia del 12 giugno scorso in tribunale a Reggio Emilia si è detto “estraneo alla vicenda”, ma ha espresso la volontà – ribadita oggi dai legali difensori – di collaborare con la magistratura.

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