Un fantasma si aggira per gli hub vaccinali d’Italia: la terza dose. La ministra degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, invita alla calma: “Dobbiamo procedere con gradualità, dobbiamo garantire la seconda dose a tutti, passiamo l’estate e poi ce ne occuperemo – dice interpellata in merito a margine del Festival dell’Economia di Trento – la cosa importante è completare, senza ansia e senza affastellare obiettivi che verranno dopo, il compito che ci siamo dati. Fermiamoci qua”. Il tempo però stringe. A fine mese saranno sei mesi che il personale sanitario ha ricevuto la prima dose di vaccino, e il ministro della Salute, Roberto Speranza, nei giorni scorsi ha detto che “sarà molto probabile dover fare una terza dose di vaccino”.
Il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, ha parlato di un richiamo da inoculare dai dieci mesi in su, mentre la Lombardia si è allineata con Londra e si dice pronta a partire per l’autunno. A Trento per un incontro sulle autonomie insieme alla Gelmini c’è anche il presidente del Friuli-Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, che ammette: “No, dal governo ad ora non siamo stati allertati sulla terza dose”, e attende di capire quali indicazioni verranno anche dalle case farmaceutiche produttrici dei vaccini. Come il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, che si affida alla scienza: “Credo che la terza dose sia un tema scientifico e quindi lo lasciamo agli scienziati, che ci dicano quando eventualmente servirà”.
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