di Emanuele Montini*

Dall’ultimo condono edilizio sono state realizzate in Italia circa 400.000 opere abusive significative, più di 20.000 all’anno secondo le stime del Cresme (Centro ricerche economiche sociologiche di mercato nell’edilizia). Un male tutto italiano che offende il paesaggio e premia i più furbi, a detrimento di chi segue le regole e delle imprese serie di costruzioni che rifiutano di realizzare gli abusi.

È quindi con sorpresa che, nel testo del decreto legge sulle semplificazioni ambientali e sulla governance del Pnrr (n.77/2021) si è trovata una norma (il nuovo comma 13-ter dell’art. 119 del d.l. 34/2020) che rende quasi impossibili le demolizioni, premia l’abusivismo edilizio e lo sana a spese dello Stato. Il meccanismo è semplice e riguarda sia immobili parzialmente abusivi che immobili completamente abusivi, prima entrambi esclusi dall’utilizzo del Superbonus del 110%.

Nel primo caso, ora, basta che il tecnico attesti nella Cila (Comunicazione inizio lavori asseverata) che accompagna il progetto sull’intero immobile che il nucleo originario è regolare o condonato, anche se sono poi state realizzate stanze o piani abusivi in più. I lavori saranno pagati dallo Stato, con il Superbonus del 110%, e il privato potrà accatastare l’intero immobile oggetto di Cila, compresi gli abusi, sanandolo di fatto. Qualora, invece, l’immobile fosse completamente abusivo, il tecnico potrà attestare che la costruzione è stata realizzata prima del 1967, ristrutturarla a spese dello Stato e accatastare l’intero immobile in quanto oggetto di Cila.

Se, invece, l’immobile parzialmente abusivo fosse stato oggetto di una ordinanza di sospensione lavori o di demolizione, ancora non eseguita, non c’è problema. Anche in questo caso la modifica contenuta nell’art. 33, comma 1 lett.c), del d.l. n. 77/2021 non esclude più l’accesso al Superbonus e comporterà l’impossibilità di fatto di demolire l’immobile, in quanto basterà che l’abusivo impugni al Tar l’ordinanza di demolizione per sopravvenuta illogicità, in quanto si tratterebbe di demolire un bene ormai ristrutturato a spese dello Stato e regolarmente accatastato.

La clausola finale (“Resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento”), anziché risolvere il pasticcio, lo aggrava. Infatti, in base al Testo Unico dell’Edilizia, l’attività di repressione dell’abusivismo edilizio non è discrezionale ma vincolata. Specificare che, a seguito degli interventi di manutenzione utilizzando il Superbonus, le prefetture e gli enti locali dovranno “valutare” cosa fare, anziché demolire d’ufficio gli abusi, conferma i peggiori sospetti.

Ci si augura che questa norma, che sana l’abusivismo edilizio a spese dello Stato, possa essere drasticamente cambiata in sede di conversione in legge, attualmente all’esame delle Commissioni Affari Costituzionali e Ambiente della Camera dei Deputati, magari rafforzando, in generale, l’attività di repressione dell’abusivismo edilizio. Sarebbe un bel segnale.

*avvocato dell’Ufficio Legislativo Italia Nostra ONLUS

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