A quasi due mesi dalla visita di Draghi e a tre giorni dalla missione di Di Maio a Tripoli con il Commissario Ue per il Vicinato e l’Allargamento Oliver Varhelyi e il ministro degli Esteri di Malta Evarist Bartolo, il primo ministro del governo di unità nazionale libico Abdul Hamid Dbeibah arriva a Roma per la sua prima visita ufficiale in Italia da quando ha assunto la carica di primo ministro e porta con sé un’agenda dominata dal dossier economico e da quello dei migranti. È intervenuto al Business Forum alla Farnesina all’evento “La Libia si presenta alle imprese italiane”, dove hanno partecipato i rappresentanti di Snam, Saipem, Terna, Ansaldo Energia, Fincantieri, Psc Group, Italtel, Leonardo, WeBuild, Gruppo Ospedaliero San Donato, Cnh Industrial, Eni. Tutti gruppi interessati alla ricostruzione della Libia, convocati per ascoltare dal premier e dai ministri competenti le opportunità offerte dal Paese. A condizione che prosegua quel processo di stabilizzazione, avviato a metà marzo con la nascita del governo di unità nazionale e che dovrebbe portare alle elezioni del 24 dicembre prossimo. L’ad di Eni Claudio Descalzi aveva peraltro già incontrato il premier libico durante il suo viaggio a Tripoli a fine marzo per discutere delle attività nel Paese della società, che rappresenta il primo produttore di gas nel Paese nordafricano e il principale fornitore di gas al mercato locale.

La fragile situazione della Libia – Sebbene dopo dieci anni di conflitto abbia trovato un nuovo equilibrio politico con l’insediamento del governo transitorio, la presenza dei mercenari e l’ingombrante figura del generale Khalifa Haftar, che sabato ha organizzato una parata militare, minacciano gli sforzi di pacificazione. Restano le divisioni tra l’ovest e l’est, con Haftar che spera ancora di avere un ruolo nella nuova Libia e cerca di dettare l’agenda, mentre non è stato ancora approvato il bilancio unificato presentato dal governo Dbeibah, la cui adozione rappresenta un passaggio cruciale per avviare e favorire la ricostruzione ed il rilancio dell’economia libica. E sul fronte della sicurezza rimane il problema della presenza dei mercenari stranieri che nei mesi scorsi hanno combattuto al fianco di entrambi i fronti e della presenza militare russa a est e turca a ovest. Mentre la strada costiera Sirte-Misurata non è stata ancora riaperta, a causa della resistenza dei gruppi armati che la controllano e non vogliono lasciare la zona. In questo contesto di grande fragilità si inseriscono le difficoltà libiche nella gestione dei flussi migratori.

Il dossier economico sulla ricostruzione – Vogliamo “ricostruire la Libia meglio di prima, progredire” e per questo obiettivo “l’Italia è il partner migliore”, ha detto Dbeibah, definendo l’Italia il partner numero uno “nell’economia, nel petrolio, nello sviluppo, nelle infrastrutture, ma anche per gli ospedali, per ricostruire le scuole”. “In questi 10 anni abbiamo lavorato duramente per la sicurezza, per offrirvi un Paese vicino amico”, ha detto il premier libico, sottolineando che “l’Italia ha una posizione privilegiata, è un Paese amico, un partner, un Paese fraterno”. “Ci conosciamo a vicenda molto bene”, ha proseguito, auspicando di potere “togliere tutti i vincoli che ostacolano il lavoro delle aziende italiane”. Dbeibah, che ha precisato di essere arrivato a Roma “per vedere quali sono i passi futuri che possiamo compiere insieme”, ha sottolineato come sia necessario “ricostruire le infrastrutture nel settore petrolifero”, con l’obiettivo di ”arrivare a produrre 3-4 milioni di barili al giorno” e “rilanciare tutti i settori della nostra economia”, indicando l’Italia come “partner migliore con il quale collaborare a questo obiettivo”.

Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, parlando davanti alle imprese italiane e al premier libico, ha sottolineato come “le nostre imprese possono guardare alla Libia con rinnovata fiducia” e che l’incontro di oggi alla Farnesina “costituisce un ulteriore importante tassello del percorso di rilancio del partenariato bilaterale che l’Italia e la Libia hanno intrapreso sin dai giorni immediatamente successivi alla formazione dell’autorità transitoria unificata”, ha precisato Di Maio che ha “voluto fortemente che la prima visita ufficiale di Dbeibah in Italia fosse arricchita da un segmento economico di alto livello”. “Vogliamo che i nostri imprenditori possano costruire interazioni privilegiate con il governo di unità nazionale e accedere alle opportunità che emergono grazie al processo di transizione in atto nel Paese”, ha aggiunto il ministro.

Il dossier migranti – L’Europa cerca ancora una soluzione comune all’annosa questione dei flussi migratori che premono alle sue porte e sulle sue coste. Soluzione che a detta degli stessi leader europei non sembra a portata di mano. Sul dossier migratorio, Di Maio, in occasione della visita a Tripoli ha insistito sulla necessità di una “strategia più ampia”, che non sia incentrata esclusivamente sul controllo della frontiera libica marittima – la porta dell’Ue dal Mediterraneo centrale – ma anche su quella meridionale, nel Fezzan, da cui transitano i disperati che lasciano il Sahel. “Investire nello sviluppo economico e sociale del Fezzan è quindi un altro elemento essenziale di questa strategia. L’Unione europea può essere al fianco del governo di unità nazionale in questo percorso”, ha assicurato Di Maio. L’Italia – che ha da poco nominato un Console onorario nella regione meridionale della Libia – guida tra l’altro la missione Eubam, che partecipa proprio agli sforzi per la sicurezza dei confini libici contro i trafficanti di esseri umani e il terrorismo, oltre all’operazione Irini che garantisce l’embargo delle armi nel Mediterraneo. La missione di Italia, Malta e Ue a Tripoli era andata così incontro alla richiesta della ministra degli Esteri libica, Najla el Mangoush, di intercettare le rotte dei migranti molto prima che arrivino a rischiare la vita in mare. “La Guardia costiera deve essere una parte strategica della lotta al fenomeno e non una soluzione”, ha dichiarato la responsabile libica definendo le migrazioni illegali “una triste storia e un problema umanitario, di sicurezza ed economico”.

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