Vi racconto una storia, che ha origine nei primi anni del Novecento italiano, in cui Genova è protagonista sia rispetto allo sviluppo economico e industriale, sia per le lotte sindacali e sociali che, anche in tempi di guerra, l’hanno caratterizzata. In questa storia, lo stabilimento della Leonardo One Company Spa di Sestri Ponente, con la sua forza lavoro, è certamente tra i grandi attori.

Nata come San Giorgio, prima come azienda automobilistica poi dell’alta tecnologia, elettromeccanica e ottica e in seguito elettronica, dal dopoguerra in avanti, come del resto tutto il restante apparato industriale italiano, si avvia su nuove produzioni civili; nel 1969 la divisione ESA viene scorporata per dare vita all’Elsag che, a inizio anni 2000, arriverà ad acquisire l’americana Bailey diventando un colosso del settore dell’automazione industriale, poi venduta dal gruppo Finmeccanica.

Da qui partono una serie di azioni di “ristrutturazione” con acquisizioni e fusioni che ci portano dritti al 2015, quando Finmeccanica acquisisce al suo interno tutte le aziende del gruppo diventando l’attuale Leonardo One Company che conosciamo oggi, primo gruppo industriale nostrano.

Fine della storia? No. Anzi. La storia riparte da qui. Perché un pezzo di quello stabilimento, che oggi occupa in totale 1700 lavoratori altamente qualificati, è a rischio dismissione; è la Business Unit Automation, con 400 lavoratori a Genova e una quarantina tra Milano e Roma che vedono messo in discussione il loro futuro lavorativo. Ma chi sono i lavoratori di Automazione? E cosa fanno? Me lo spiega Stefano Bonazzi, della segreteria Fiom Cgil di Genova, alla guida della protesta sindacale condotta a livello unitario con Fim e Uilm.

“Sono tecnici, impiegati, ingegneri, informatici, che sviluppano e progettano macchine per lo smistamento ‘merci’ in due settori strategici, quello della logistica commerciale, con committenti come Amazon e DHL, e quello della logistica aeroportuale per la gestione e lo smistamento dei bagagli, ad esempio per l’aeroporto di Hong Kong. In tutto il mondo, esistono solo quattro o cinque player di questo tipo e la B.U. Automation è tra queste – sottolinea Bonazzi – Di contro Leonardo sostiene di non essere in grado di investire adeguatamente su questi settori per reggere il mercato e inserisce questa dismissione in un processo di ristrutturazione più ampia, con interventi per noi strumentali e di mero carattere finanziario che a Genova hanno già prodotto 800 posti di lavoro in meno nel giro di dieci anni, oltre 5mila se partiamo da Finmeccanica”.

Sono lavoratori che non rappresentano certo lo stereotipo dell’operaio in lotta, penso subito mentre Bonazzi racconta, eppure da due mesi a questa parte, scioperano e percorrono le vie della città, determinati a difendere il loro posto di lavoro.

“Quando alle istituzioni locali e nazionali Leonardo parla di ‘valorizzazione’ per Automazione, noi sappiamo che significa una cosa sola: ‘dismissione’, messa sul mercato. E la storia insegna che questo crea un grosso punto interrogativo sul futuro e sul mantenimento dell’occupazione. Per noi – prosegue Bonazzi – Automazione deve restare in Leonardo perché fa parte di un business in costante espansione, perché rappresenta un’eccellenza italiana, perché ci sono oltre 400 persone che hanno bisogno di garanzie e certezze, perché c’è anche tutto un indotto che rischia contraccolpi”.

Non a caso, insieme a questi lavoratori, scioperano anche gli addetti negli appalti della ristorazione e del pulimento guidati dalla Filcams Cgil, così da determinare una vera e propria protesta di sito che concretizza ciò di cui più si ha bisogno in questo momento storico: l’unità tra lavoratori con storie e mansioni diverse, dentro quel sogno di coesione sociale che si fa tanta fatica a realizzare ma che non è, e non può essere, solo utopia.

Da Genova è partita una richiesta di incontro al Ministero dello Sviluppo Economico; è chiaro infatti che il termine “valorizzazione”, utilizzato dalla Leonardo, risulti quantomeno fuorviante. Perché se in senso figurativo questo termine assume una connotazione positiva, in ambito economico significa attribuire un valore a qualcosa, mettendo un prezzo, una ‘taglia’, al fine di venderla. “A Genova questa parola la conosciamo bene – conclude la Fiom – e ha prodotto negli anni dei disastri sociali immani. Il governo ci convochi, perché se è vero che la vertenza ha il cuore a Genova, assume carattere nazionale per più aspetti: il Ministero del Tesoro è il maggior azionista del gruppo, il settore in cui Automazione opera ha un business importante e di prospettiva anche per l’Italia e la vertenza non coinvolge solo il territorio genovese”.

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