Contrariamente alle indiscrezione delle ultime ore Colonial pipeline, il gestore dell’oleodotto statunitense bloccato da un attacco informatico da venerdì scorso getta la spugna. Pagherà 5 milioni di dollari in monete digitali come riscatto per “liberare” i suoi sistemi informatici e ripristinare le forniture di benzina e gasolio verso l’area Nord Est del paese. L’oleodotto è stato colpito da un ransomware, vale a dire un software malevolo generalmente introdotto attraverso l’apertura di allegato di una semplice e-mail che blocca i sistemi informatici finché non viene pagato un riscatto, generalmente in bitcoin o altre valute digitali. L’attacco era stato rivendicato dall’organizzazione di criminali informatici Darkside, organizzazione dell’Est Europa operativa da tempo e con una lunga lista di “colpi” al suo attivo.

In un comunicato diffuso tre giorni fa aveva affermato di non agire per ragioni politiche ma semplicemente per soldi, scusandosi anche per il disagio creato. In realtà è possibile che dietro Darkside si celino committenti di cui sarà difficile definire la natura. L’interruzione dell’oleodotto sta creando problemi all’approvvigionamento di benzina e gasolio delle zone servite. Nei giorni scorsi la Casa Bianca aveva affermato che la decisione se pagare o meno il riscatto era di competenza della società. Colonial pipeline avrebbe comunque un’assicurazione contro i cyber attacchi stipulata con Axa. La vicenda ha riacceso il dibattito sulla sicurezza di fronte alle minacce informatiche. L’amministrazione di Joe Biden prevede ingenti stanziamenti per rafforzare le difese statunitensi. L’attacco all’oleodotto Colonial è considerato uno dei più gravi di sempre.

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