Le varianti buone o benigne non esistono. O meglio secondo Andrea Crisanti, professore ordinario di microbiologia all’Università di Padova, questa è una ipotesi “senza alcuna base scientifica” e invita a leggere cos’è l’evoluzione della Regina Rossa ovvero la teoria per cui le specie animali e vegetali non scompaiono a causa di eventi sfortunati in un ambiente normalmente statico e immutabile, ma che solo evolvendo di continuo riescono a sopravvivere in un contesto che è in costante cambiamento.

Nei giorni scorsi sono stati diversi gli studiosi che invece hanno sottolineato che non tutte le mutazioni devono essere temute. Il virologo Fausto Baldanti, docente a Pavia, in una intervista ha spiegato che grazie al sequenziamento vengono osservate “mutazioni ricorrenti, ciò fa pensare che stia esaurendo la capacità di sopravvivenza” e che Sars Cov 2 “è un virus che non può mutare all’infinito” e “si è ad un punto in cui il virus potrebbe anche non evolvere”. Il direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha segnalato che fra gli indiani rientrati sono state tracciate alcune mutazioni benigne.

“Sono d’accordo con quanto emerso dallo studio dello Spallanzani e con la riflessione del direttore Vaia: non tutte le mutazioni peggiorano la situazione” ha detto alla AdnKronos, Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. “Tutti parlano delle varianti Covid come negative, ma possono esserci anche quelle benigne e sono molte”. Per l’immunologo Mario Clerici, docente dell’università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, “il discorso è che le mutazioni creano una nuvola di varianti virali che sono molto simili una all’altra, con cambi minimi. Qualcuna avvantaggia e qualcun’altra svantaggia, è un processo random. È possibile che il virus cercando di fare il furbo commetta errori che aumentano la sensibilità agli anticorpi”.

Professor Crisanti però lei non è d’accordo
Qualsiasi variante va esaminata alla luce della pressione selettiva e il punto di vista dell’osservatore deve essere contestualizzato rispetto alle forze selettive.

Quindi l’ipotesi dell’inizio di un declino del virus è ottimista?
Non esiste da nessuna parte, non si può banalizzare. Le posso assicurare non esistono basi scientifiche. I virus non diventano più buoni. Diventano più cattivi e l’organismo si adatta e crea una reazione di adattamento al virus. Si tratta di una interazione dinamica, come se fossimo tutti quanti in una giostra genetica che va sempre avanti. La invito a leggere cos’è l’evoluzione dell’ipotesi della Regina Rossa. Cosa potrà capire meglio l’evoluzione, l’ecologia e la genetica.

Possiamo spiegarlo?
Non in dieci minuti, sono concetti complessi. Non possiamo banalizzare.

Lei prima parlava di pressione selettiva. Sappiamo che viene esercitata anche dai vaccini. Cosa pensa della decisione di prolungare i tempi di somministrazione tra prima e seconda dose per i vaccini a Rna messaggero (Pfizer e Moderna)?
Sicuramente non è una procedura approvata dal protocollo di vaccinazione sancito dagli enti regolatori, ma un simile approccio in Gran Bretagna ha dato risultati positivi. Sicuramente c’è una giustificazione, c’è un razionale che prima non esisteva. Se mi avesse fatto questa domanda qualche mese fa le avrei detto assolutamente no. Adesso sulla base anche dei risultati inglesi forse vale la pena.

Ma non c’è il rischio che questo – l’allungamento fino a 42 giorni per la seconda dose – diminuisca le performance molto alte di questi vaccini?
L’efficacia è sicuramente ridotta, ma nessuno sa di quanto. E poi nessuno sa in termini di costi e benefici in cosa si traduce in numero di morti.

Esistono dati sull’efficacia con la seconda dose a 42 giorni?
No. Ma da Israele ci arrivano dati che dicono che dopo la prima dose c’è una protezione al 70% dopo 14 giorni.

Ultima domanda sull’addio all’indice Rt. È una buona idea?
Penso di sì, perché l’Rt è un indice che fotografa il passato.

Lo studio su Science del 2013 sulla Regina Rossa

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