Un altro scandalo dell’industria tedesca dell’auto sta arrivando all’epilogo: dopo il dieselgate del 2015, nel luglio del 2017 Der Spiegel aveva portato alla luce un cartello di cui facevano parte Volkswagen, BMW e Mercedes, additate di prendere decisioni strategiche e tecnologiche congiunte, in barba alle norme europee antitrust. Lo scoop aveva dato il via a un’inchiesta della Commissione europea.

Accuse successivamente formalizzate nel 2019 per ostacolata concorrenza sulle tecnologie di trattamento dei gas di scarico – in particolare sui sistemi Scr (Selective catalytic reduction) e sui filtri antiparticolato Opf (Otto Particulate Filter) – che, limitando la libera concorrenza, avrebbero impedito anche lo sviluppo di automobili meno inquinanti.

Più nel dettaglio, le tre aziende sono state accusate pure di aver concordato illecitamente dettagli tecnici come la capacità massima dei serbatoi dell’AdBlue (sostanza contenente urea utilizzata per abbattere le emissioni di ossido di azoto): un particolare che avrebbe consentito di risparmiare circa 80 euro per ogni vettura fabbricata.

Ora, secondo quanto riporta Business Insider, da Bruxelles starebbero per fioccare le prime multe miliardarie: l’aver violato le normative antitrust, infatti, potrebbe costare un’ammenda da oltre un miliardo di euro alla BMW (già accantonati dall’azienda nel 2019 per far fronte alla spesa).

Volkswagen, autodenunciatasi, è riuscita a limitare l’importo pecuniario. Mentre a uscirne “indenne”, schivando qualsiasi pena pecuniaria, sarà la Daimler (ovvero Mercedes), che per prima aveva denunciato l’esistenza del cartello. Lo stesso da cui scaturivano riunioni fraudolente che avevano lo scopo di trovare una quadra comune, a danno dell’interesse dei consumatori.

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