“È con dispiacere personale che confermo la pubblicazione del rapporto (…) elaborato dall’ufficio di Venezia senza l’autorizzazione degli uffici centrali di Ginevra, che era stata negata venerdì e ribadita lunedì dopo mio intervento piuttosto pesante (…)”. Comincia così l’email datata 14 maggio 2020 con cui l’ex direttore aggiunto dell’Oms, Ranieri Guerra, informò il ministro della Salute Roberto Speranza e altri interlocutori della pubblicazione del dossier “An unprecedented challenge: Italy’s first response to Covid-19” elaborato dai ricercatori di Venezia dell’Oms guidati da Francesco Zambon e poi ritirato in 24 ore. La corrispondenza, di cui la trasmissione di Rai3 Report è venuta in possesso, sembra confermare che il ministro era al corrente della vicenda. “Avevo imposto la discussione preliminare con te, Silvio (Brusaferro, ndr), Franco Locatelli, Andrea Urbani e Ruocco”, l’attuale segretario generale del ministero della Salute, “per lo meno, al fine di evitare di accendere inutili e dannose polemiche. (…)”, scrive ancora Guerra nell’email. “Il momento è delicato… Si sarebbe potuto utilizzare il rapporto come camera di amplificazione degli straordinari provvedimenti di governo“.

La lettera inedita, che l’Ansa ha potuto visionare in anteprima e che sarà mostrata in onda stasera da Report, era stata indirizzata da Guerra al ministro assieme al link che rimandava allo studio dell’Oms lo stesso giorno in cui il documento, pubblicato sul sito meno di 24 ore prima, venne rimosso. “Purtroppo mi è stata negata ogni possibilità di intervento, invocando da parte degli autori la libertà, l’autonomia e l’indipendenza senza valutare i danni collaterali e l’inevitabile crollo della reciproca fiducia”, continua Guerra. “Non so che dire, aldilà della mia personale dissociazione dal rapporto, che però farà danni ugualmente“. Secondo la procura di Bergamo che indaga sulla vicenda, ad “adoperarsi personalmente” per la sua sparizione fu proprio l’ex direttore aggiunto dell’Oms, indagato per false testimonianze ai pm. Il rapporto analizzava la gestione italiana della pandemia durante la prima ondata, parlando di una reazione “caotica” e “improvvisata” della nostra sanità e denunciando il mancato aggiornamento del Piano pandemico antinfluenzale dal 2006. In realtà questo è solo di uno degli elementi dell’inchiesta della procura bergamasca che riguarda anche il mancato aggiornamento del Piano e l’ospedale di Alzano. Oltre a Guerra sono infatti indagati, per altri reati, anche alcuni ex dirigenti della sanità in Lombardia.

L’email tira quindi di nuovo in ballo il ministro Speranza, in queste settimane al centro delle polemiche. Nel novembre scorso, alla domanda se avesse letto il rapporto Oms di Venezia, il suo ufficio stampa rispose che “non si tratta di un documento ufficiale dell’Oms e non è mai stato trasmesso al ministero della Salute che quindi non lo ha mai né valutato, né commentato“. Nelle scorse ore Speranza è intervenuto sull’intera vicenda, dichiarando a Mezz’ora in più su Rai3 che la mail di Guerra “ci informava che era stato pubblicato quel report e ci riportava un dibattito legittimo all’interno dell’Oms, quelle scelte sono state tutte dell’Oms”. Le scelte fatte, ha quindi sottolineato, “non riguardano il governo italiano” che “in quei mesi così difficili” aveva “rapporti stretti” con l’Organizzazione mondiale della Sanità. Ma l’indagine, dice ancora Speranza, “dimostrerà la correttezza delle istituzioni”. Quel documento, ha sintetizzato, “era una fotografia numerica con dei giudizi legittimi, dove ci sono anche giudizi lusinghieri”. E sulle polemiche per il piano pandemico ha rimarcato: “Secondo i nostri tecnici quel piano pandemico antinfluenzale non era sufficiente e quindi è stato messo in campo un piano Covid adeguato a una fattispecie nuova che era emersa. Il Covid non è una semplice influenza”. A smarcare il ministro dalle accuse sono anche fonti della procura di Bergamo, secondo cui non ci sono elementi per ritenere che Speranza intervenne per la rimozione dal sito web dell’Oms del report. Dagli atti d’inchiesta, riferisce l’Ansa citando fonti giudiziarie, si evince solo che il ministro sapeva ed era irritato per la pubblicazione dello studio.

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