Forse la scintilla è stata la scoperta della variante “Eek” nei casi testati dall’ospedale di Tokyo. Un elemento che ha creato molta preoccupazione, e non solo in Giappone. Tanto che la Corea del Nord ha deciso che i suoi atleti non parteciperanno alle Olimpiadi di Tokyo che si apriranno il 23 luglio prossimo “per proteggerli dalla crisi sanitaria globale”. Paura della pandemia, paura del contagio per Pyongyang, che finora non ha mai dichiarato quanti casi di Covid-19 siano stati riscontrati nel Paese. Ufficialmente, nessuno.

L’annuncio sembra porre fine alle speranze del presidente sudcoreano Moon Jae-in di cogliere l’occasione per nuovi progressi, come era accaduto nei mesi successivi alla partecipazione nel 2018 della Corea del Nord alle Olimpiadi invernali in Corea del Sud, con la sorella di Kim Jong Un, Kim Yo Jong, in prima fila, fino ai vertici tra Kim e l’allora presidente americano Donald Trump. E l’evento contribuì all’avvio della diplomazia con Seul e Washington. Da allora quel percorso diplomatico è in stallo.

Resta la speranza al ministero degli Esteri di Seul. “Sosteniamo il Giappone che ospita le Olimpiadi con misure anti-coronavirus e poiché le Olimpiadi sono una festa della pace e c’è ancora tempo, speriamo che la Corea del Nord partecipi”, ha detto il portavoce del dicastero, Choi Young-sam, in dichiarazioni rilanciate dall’agenzia sudcoreana Yonhap. Delusione è invece arrivata dal ministero sudcoreano dell’Unificazione. “Avevamo sperato che le Olimpiadi potessero essere un’opportunità per registrare progressi nella riconciliazione tra le Coree e nella cooperazione e per portare la pace nella penisola coreana ed è sconfortante che sia diventato tutto difficile a causa della situazione del Covid-19“, ha commentato un funzionario citato dalla stessa Yonhap.

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