“Le idee nascono dentro di noi, ci emozionano. Crescono nella nostra immaginazione, ma non possono essere fermate, vogliono essere libere. Per rendere il mondo più consapevole, e ancora più incredibile. Le idee mettono in moto il futuro”.

“Siamo leoni e il tempo è la terra che vaghiamo. Una terra dove balziamo in ogni occasione. Sì, il tempo è il nostro territorio. Dove scegliamo il ritmo, il ritmo e il flusso. Il tempo è dove viviamo e giriamo ogni momento. In un’esperienza. Siamo leoni. I leoni del nostro tempo”.

“Se c’è solo una possibilità fra un milione, perché provarci? Se è meglio lasciar perdere, se non ne vale la pena, perché provarci? Se il sogno è troppo grande, se sognare non basta, perché provarci? Se è impossibile, se non c’è nessuna speranza, perché provarci? Se non è solo una questione di talento, se anche avere fortuna è fondamentale, se volerlo più di ogni altra cosa non potrà comunque farlo accadere, perché provarci? Se ci sono più motivi per arrendersi che per continuare, allora perché? Se adesso non lo capiscono, un giorno lo faranno”.

Cosa sono? Messaggi pubblicitari. Di cosa? Di automobili, ma potrebbero esserlo, chessò, di un cellulare, di un paio di scarpe da jogging, di un robot da cucina. Perché in diversi secondi in cui si possono dire un sacco di parole sensate, vengono invece messe in sequenza frasi senza un senso compiuto, assolutamente criptiche ad essere benevoli? Immaginatevi di essere un insegnante d’italiano che in un tema si ritrova scritto che le idee vogliono essere libere, oppure che il tempo è un territorio in cui scegliere il ritmo e il flusso. Che voto dareste? Oppure immaginatevi di essere un non vedente e di ascoltare questi messaggi, che cosa pensereste?

Ma lasciamo perdere il gioco di ruolo e le considerazioni pratiche. Forse se ne può fare una teorica, di carattere generale. Forse queste frasi apparentemente incomprensibili nascondono un messaggio di voluta diversità, di non accessibilità, di non fruibilità per tutti. L’auto diventa un bene immateriale. Non è più un mezzo di trasporto, ma un bene identitario, non più un bene che si consuma, ma un qualcosa di irreale, chissà, forse addirittura di superumano. Che alimenta il desiderio di sopravanzare gli altri, di emergere, tutto sommato anche se non si ha cultura.

Questo confortato dal fatto che le immagini di accompagnamento ci mostrano automobili non propriamente economiche. Letti così gli spot diventano anche in qualche modo pericolosi. Come questo: “Non abbiamo bisogno di molto per vivere. Non abbiamo bisogno di condividere storie. Creare opere d’arte o legami. Non abbiamo bisogno di sognare lo spazio. E aprire le nostre menti. Non abbiamo bisogno di fare l’amore, scrivere canzoni, o di trovare tempo per noi”. L’auto ci riempie la vita? Si può vivere in funzione dell’auto?

Forse esagero. Forse mi faccio le classiche seghe al cervello. Forse. Resta il fatto che quando passano questi spot, io non ci capisco nulla e mi limito a “guardare le figure”.

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