La pandemia ha fatto crollare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, non sono in Italia ma in tutto il mondo. In parallelo sono diminuite le opportunità per le ragazze e le madri hanno visto ulteriormente appesantirsi il carico delle incombenze di cura. Il risultato è che il Covid ha riportato indietro le lancette, allontanando di altri 36 anni il momento in cui a livello globale dovremmo raggiungere l’uguaglianza di genere. A fare i conti è il World Economic Forum nel suo Gender Gap Report 2021: se in base alla precedente edizione il traguardo della parità sarebbe stato varcato in 99,5 anni, ora la distanza si allunga e di anni ce ne vorranno 135,6. “Nonostante si stiano creando condizioni di parità in termini di educazione e condizioni sanitarie”, si legge nell’analisi, “le donne non hanno le stesse opportunità, fronteggiano ostacoli economici, un peggioramento della partecipazione politica e difficoltà nel mantenere il posto di lavoro”.


In testa alla classifica della parità si mantengono i Paesi nordeuropei, a partire da Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia. Quest’ultima è preceduta dalla Nuova Zelanda e seguita a ruota dalla Namibia. Germania e Francia si piazzano rispettivamente sui gradini numero 11 e 16, mentre gli Usa sono solo al 30esimo posto. La Penisola, nonostante tutte le difficoltà vissute dalle donne che sono state le più colpite dalla crisi economica causata dal virus, segna un miglioramento degli indicatori calcolati dall’organizzazione di Ginevra: guadagna 14 posizioni, rimanendo comunque al 62esimo posto su 156 economie prese in considerazione (nel 2020 era 76esima). Ma resta indietro su molti fronti, a partire da quello economico. I redditi femminili in media sono del 42,8% più bassi rispetto a quelli degli uomini. E anche quando svolgono mansioni simili le donne scontano ancora un gap di ben il 46,7% rispetto agli stipendi dei colleghi. Pesa anche il fatto che troppe lavorino part time anche se vorrebbero il tempo pieno.

Roma si piazza molto indietro, al 55esimo posto, anche sul fronte dell’educazione, con molta strada da fare in particolare per la partecipazione femminile ai corsi di studio con più futuro come quelli nelle materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Da lì proviene solo il 15,7% delle laureate, la metà rispetto ai maschi (33,9%). L’Italia è invece al 41esimo posto nella scala dell’emancipazione politica femminile e 33esima quanto a numero di donne con posizioni ministeriali. La classifica risale al precedente governo, il Conte 2, che di ministre donne ne aveva 7, contro le 8 attuali.

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