Appena l’altroieri eravamo rimasti al Movimento 5 Stelle che si spaccava in due a causa di quelli che non ci avevano capito nulla di quello che stava succedendo, ma tanto, cosa cambia? Il quesito su Rousseau era “lapalissiano”, sostanzialmente chiedeva questo: “preferisci accodarti al – verde – Draghi, scelto dal capo per pilotare il Movimento nella rivoluzione verde, o ribellarti ed essere sbattuto fuori?”. Il risultato è stato sorprendente, poiché il vertice politico M5S si aspettava un risultato “bulgaro” a favore del sì, invece ha vinto bene, sì, ma il 40% circa ha detto no e includeva anche alcuni eletti nel Parlamento che poi sono stati coerenti e hanno votato no anche nel voto di fiducia al governo Draghi, in Parlamento.

Se il 5Stelle fosse stato guidato da politici capaci di guidare la nave anche nella burrasca avrebbero capito subito la situazione, nata dallo sgambetto al premier orchestrato da Matteo Renzi, vero specialista in queste cose, intelligente e furbo, sì, ma inadatto a ruoli istituzionali in una seria democrazia. Si fa beccare andando in Arabia Saudita per intascare pochi euro sporchi di sangue quando con quelle sue capacità potrebbe diventare ricchissimo in poco tempo se facesse il Trader invece che il politico spacca-cabbasisi.

Io però queste domande me le facevo già a inizio gennaio e concludevo sospettando che l’ansia distruttiva di Renzi, allo scopo di dimostrare quanto è bravo, avrebbe potuto non fermarsi a Conte, ma allargarsi all’Italia intera perché la sua “bravura” ha un potere di contagio (porta sfiga) superiore a quello del virus versione inglese. Adesso tocca a Nicola Zingaretti subire le sue stimmate demoniache.

Il Pd infatti è stato per lungo tempo sotto il “controllo” di Renzi (capo del Partito, capo del governo e capo della maggioranza politica nel Parlamento, un insieme di poteri che prima di lui, in Italia, hanno avuto solo Berlusconi e Mussolini). Un potere che gli ha procurato tanti amici e collaboratori “riconoscenti” ma che, forse, gli ha anche dato un po’ alla testa. Difficilmente però potrà ora estendere a Draghi quel suo vizietto “deraglia-premier” iniziato con Enrico Letta e (per colpa dei freni inibitori che lui non conosce) continuato anche contro se stesso; troppo ampia la maggioranza che sostiene Draghi, e comunque si sa che lui non vuole elezioni anticipate.

Conte però è tornato a fare l’avvocato solo un giorno, poi è stato subito ripescato da Grillo che gli ha offerto nel Movimento (per adesso) il ruolo di capo politico e poi… si vedrà. In effetti è vero che, per essere un premier “cascato dal cielo”, senza nessuna precedente esperienza politica (e forse nemmeno amministrativa, essendo un legale puro) se l’è cavata molto bene, soprattutto perché ha fatto vedere che un politico, se vuole, riesce a fare persino quello che a Renzi è impossibile: mettere gli interessi delle gente davanti ai suoi personali.

Sembrerebbe che il prossimo 5 Stelle, sotto la guida di Conte, potrebbe somigliare molto alla vecchia Italia dei Valori, che io conosco bene essendone stato il suo primo dirigente all’estero (vedasi la foto del libro e della dedica che Di Pietro in persona mi ha dato a Milano).

Infatti io, proprio sul piano organizzativo, avevo iniziato negli Usa a fare un grande lavoro di apertura di contatti e ufficializzazione di Italia dei Valori presso tutte le sedi diplomatiche italiane in Usa e Canada, ma poi, per colpa del Responsabile Estero in Italia, in occasione delle prime elezioni per candidati italiani all’estero, mi sono ritrovato scavalcato nelle mie competenze e ho litigato forte con lui, finendo col mio abbandono immediatamente del partito (che comunque non ha ottenuto seggi né negli Usa né in Canada).

Volete sapere di chi parlo? Antonio Razzi! Di Pietro si è subito accorto che Razzi non aveva i requisiti per un compito così importante e difficile e lo ha presto “segato”, ma ha mantenuto la sua amicizia al “conterraneo” candidandolo in Svizzera, ma pagando poi salato in termini di immagine i suoi tradimenti, non essendo stato, tra l’altro, l’unico del suo “giro” a comportarsi a quel modo. L’ansia di crescere troppo in fretta è stato il principale motivo del crollo di IdV insieme, naturalmente, al tradimento di molti, più interessati ai fasti che alla vera gloria.

Il numero della scorsa settimana de L’Espresso conteneva un interessante articolo su questo poco noto esordio comune tra IdV e M5S. Forse Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno potuto fare tesoro, all’inizio, di quell’esperienza, ma adesso, per la troppa rigidità applicata in certe regole, rischiano di buttare nel fiume anche il bambino, insieme all’acqua sporca. Grillo può essere un’ottima guida “ideologica”, è un vero intellettuale nonostante faccia il comico, ma non idoneo (salvo le piazzate coi “vaffa”) a guidare e parlare attraverso i media.

Le regole rigide possono fare molto bene in certi momenti e molto male in altri. Non possono essere scritte su una tavola di pietra, devono essere interpretate da un saggio capo (come re Salomone) ma potrebbe essere Conte. Rousseau è già molto utile ma è ancora ben lontano dalla realtà di poterlo chiamare strumento di Democrazia Diretta. Il Movimento 5 Stelle ha ottime idee e alcune ottime persone. Le altre devono essere guidate e organizzate, non espulse (salvo, se ci sono, i veri traditori dell’idea).

Ho finito lo spazio. Se avrò l’occasione spiegherò meglio le tante cose che vorrei poter dire a chi ha orecchie per ascoltare e traguardi da raggiungere, non solo ambizioni da soddisfare.

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