Autostrade per l’Italia non vale più di 9 miliardi di euro. E Cassa depositi e prestiti non è disposta a sborsare più di 4 miliardi per il 51 per cento. Di conseguenza l’offerta congiunta presentata ad Atlantia da parte di Cdp e dei fondi Blackstone e Macquarie, non è andata oltre i 7,8 miliardi per l’88% di Autostrade per l’Italia. Con il risultato che il titolo della società controllata dai Benetton ha perso in Borsa circa il 2 per cento. Gli investitori si attendevano infatti un ritocco sostanzioso rispetto alle offerte presentate nei mesi scorsi e rimandate al mittente e visto che erano circolate valutazioni ben più generose. Ad esempio, il fondo inglese Tci, socio di Atlantia, aveva fatto sapere nei giorni scorsi di non essere interessato ad una proposta di acquisto che non fosse almeno pari ad 11 miliardi. Per banca Intermonte il valore di Aspi sarebbe stato ancora più alto: fra i 10,9 e i 12 miliardi. Ma alla fine, a sorpresa, Cdp si è orientata diversamente.

A questo punto bisognerà vedere che cosa deciderà di fare Atlantia che vaglierà l’offerta prima del consiglio di venerdì. Le esperienze del passato non promettono niente di buono. Finora le due proposte presentate e rifiutate, attribuivano ad Autostrade per l’Italia un valore compreso fra gli 8,5 e i 9,5 miliardi. Difficile quindi immaginare che l’ennesima offerta, di importo analogo, possa andare a buon fine. Anche se la proposta di Cdp incorpora una sorta di sconto da 700 milioni per il rischio di eventuali risarcimenti indiretti per il crollo del ponte di Genova. Ad ogni modo, l’ultima parola sull’offerta di acquisto toccherà all’assemblea dei soci di Atlantia che potrebbe essere convocata verso la fine di marzo. Per l’occasione il consiglio, supportato dei suoi consulenti (Mediobanca, Bofa e Jp Morgan ) metterà a disposizione degli azionisti una sua valutazione per fornire un quadro della situazione. Ma sin d’ora c’è da scommettere che in assemblea il fondo Tci farà sentire la sua voce con l’obiettivo di spuntare un prezzo migliore.

Nel frattempo il governo di Mario Draghi avrà il tempo per valutare il da farsi. Non è detto infatti che i termini dell’accordo raggiunto a fatica nel luglio scorso fra il governo Conte e Atlantia siano oggi ancora di attualità. Nulla esclude che l’indirizzo politico possa mutare cambiando radicalmente le carte in tavola per Atlantia. E anche per Cdp i cui vertici sono peraltro in scadenza con l’assemblea per l’approvazione del bilancio 2020, prevista normalmente ad aprile. Di certo è finita definitivamente nel dimenticatoio l’ipotesi, che pure in passato ha tenuto banco a lungo, della revoca della concessione del gruppo autostradale. Una soluzione che metterebbe in difficoltà Atlantia e le banche creditrici. Per non parlare del fatto che porterebbe in dote una serie di strascichi legali non di poco conto.

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