L’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, e il carabiniere Vittorio Iacovacci sono stati trasportati già feriti nella foresta, dove sono poi morti nelle mani dei loro rapitori. Inoltre, non è da escludere, nonostante le loro attività si concentrino in un’area più a nord di quella dell’agguato, che i responsabili debbano essere ricercati tra le fila dei gruppi jihadisti legati allo Stato Islamico nell’area, visto che negli ultimi mesi la loro influenza nel Paese si è allargata. Sono solo alcuni degli elementi contenuti nel primo rapporto stilato dall’intelligence italiana sull’uccisione del diplomatico italiano, del militare dell’arma e del loro autista, Mustapha Milambo, in seguito all’agguato contro il convoglio del World Food Programme di cui facevano parte, a Kibumba, a pochi chilometri da Goma, il capoluogo del Nord Kivu.

LA RICOSTRUZIONE – Nel documento prodotto dai servizi segreti si tenta intanto di ricostruire la dinamica dell’agguato ai danni delle due jeep sulle quali, in totale, viaggiavano sette persone, di cui tre decedute, tre rapite e una rimasta illesa. Gli agenti riferiscono che in mattinata, in prossimità di Kibumba, l’ambasciatore italiano a Kinshasa, Luca Attanasio, e il carabiniere Vittorio Iacovacci sono rimasti uccisi insieme al loro autista mentre, “a bordo di un autoveicolo che faceva parte di un convoglio di due automezzi non blindati del Wfp dell’Onu, stavano percorrendo il tratto di strada che collega Goma a Rutshuru (dove era prevista una visita ad un programma di alimentazione scolastica del Wfp)”. Nel convoglio, confermano i nostri servizi segreti, era presente anche Rocco Leone, vice Capo del World Food Programme nella Repubblica democratica del Congo, rimasto illeso.

Secondo una prima ricostruzione, “a circa 25 chilometri dalla città di Goma, la prima autovettura, sulla quale viaggiavano le vittime, è stata oggetto di colpi di arma da fuoco esplosi da un gruppo armato che avrebbe agito per rapinare il convoglio e/o sequestrare personale dell’Onu”. Dopo aver ucciso l’autista, “hanno aperto il fuoco sugli altri occupanti del veicolo. Subito dopo hanno prelevato dal mezzo l’ambasciatore Attanasio e il carabiniere Iacovacci (probabilmente già feriti), presumibilmente al fine di rapirli e chiedere poi un riscatto in denaro“. Un addetto alla sicurezza dell’Onu che viaggiava sulla seconda vettura (non colpita da proiettili) ha anche tentato di intavolare “una trattativa con gli assalitori, chiarendo lo status dei connazionali”.

Trattativa che però si è presto arenata anche a causa dello scontro a fuoco tra gli assalitori e, dall’altra parte, Rangers ed Esercito congolese. “A seguito della sparatoria sarebbe rimasto ferito anche un agente della Sicurezza del Parco Virunga – scrivono – I due connazionali sarebbero stati successivamente abbandonati (non è chiaro se a quel punto l’ambasciatore e il carabiniere fossero già morti)”. Ricostruzione che trova elementi di riscontro in quanto affermato subito dopo l’accaduto dal governatore della Regione del Nord Kivu, Carly Nzanzu Kasivita, secondo il quale l’ambasciatore e il militare sarebbero stati uccisi, successivamente al loro prelevamento dalla vettura, dopo che il commando armato aveva ingaggiato lo scontro a fuoco con una pattuglia di Rangers del Parco Nazionale del Virunga.

ZONA AD ALTO RISCHIO – Anche i nostri servizi segreti confermano che la “zona delle tre antenne” nella quale stava viaggiando il convoglio, privo di scorta armata, di auto blindate e di giubbotti antiproiettile, è considerata ad alto rischio proprio a causa di continui agguati. Nel maggio del 2018 sono stati rapiti due cittadini britannici, poi rilasciati. “Il territorio è contiguo al Parco di Virunga all’interno del quale operano diverse milizie armate che si sono formate a seguito di guerre civili ufficialmente terminate nel 2003. Uno dei gruppi più pericolosi e più attivo dell’area è quello delle Forze Democratiche Alleate (Allied Democratic Forces – Adf) che il 10 gennaio hanno ucciso 6 ranger proprio nello stesso Parco”. Gruppo che, si specifica, recentemente si sarebbe affiliato allo Stato Islamico, diventandone di fatto il braccio armato nel Paese.

L’attacco, secondo le valutazioni della nostra intelligence, si inserisce in un contesto securitario di estrema fragilità che caratterizza l’area del Kivu del Nord negli ultimi 20 anni. Una delle principali cause di instabilità risiede nell’arrivo delle milizie Hutu ruandesi in territorio congolese, nel 1994, e negli interessi economici derivanti dallo sfruttamento delle enormi risorse minerarie dell’area che hanno ostacolato il disarmo di queste milizie. In totale, sono circa 100 i gruppi armati che, operando su base etnica, agiscono spesso in cooperazione tra di loro, a scopi di autofinanziamento. La zona a nord di Goma è principalmente occupata da una vasta area forestale che offre protezione alle attività delle varie milizie, come traffici illeciti di materie prime, contrabbando, racketing.

Il dubbio ancora da chiarire è come si sia potuto considerare l’area sicura al punto da autorizzare un convoglio senza scorta e un equipaggiamento di sicurezza limitato. Indicazioni sulla pericolosità del luogo le forniscono anche i numeri dell’intelligence: “Dal 2017, nella parte meridionale del Parco di Virunga (Provincia del Nord Kivu) sono stati registrati circa 1.300 incidenti di sicurezza con vittime, oltre 1.280 scontri e quasi 1.000 casi fra sequestri e rapimenti ai fini di riscatto. Nel Paese, inoltre, è emerso, negli ultimi mesi, un crescente dinamismo terroristico dell’Islamic State Central Africa Province (Iscap), la locale affiliazione di Daesh. Il gruppo avrebbe guadagnato il controllo di alcune zone, stabilendo delle basi operative nelle aree di Rwenzori e Irumu dalle quali lanciare operazioni terroristiche effettuate sia mediante l’utilizzo di armi e munizioni sequestrate dai militanti a seguito di attacchi realizzati contro le forze militari e di sicurezza congolesi, sia attraverso Ied e granate”.

I GRUPPI ARMATI – La nostra intelligence, pur specificando che l’Adf ha la sua base in un’area più a nord rispetto a quella dell’attacco, dice che non si può escludere un loro coinvolgimento, visto che negli ultimi mesi il gruppo ha allargato la sua influenza, arrivando a operare anche in questa zona. “Nell’area adiacente al luogo dell’attacco operano storicamente diversi gruppi armati, tra cui i principali risultano essere Fdlr-Foca (Forze democratiche per la llberazione del Ruanda, braccio politico delle Forze combattenti Abacunguzi), Nyatura Cmc (Collectif des Mouvements pour le Changement), Mai Mai, Charles alias Afrc alias Afarpm (Alliance des Forces Armees de Resistants Patriotes Mai Mai). Il gruppo delle Allied Democratic Forces (Adf), di origine ugandese, recentemente sospettato di adesione al jihadismo, opera di norma in una zona molto più a Nord di Rutshuru (Beni), nel parco di Virunga. Le dinamiche dell’evento sembrano evidenziare che gli assalitori fossero a conoscenza del passaggio del convoglio lungo la viaria RN2. Appare probabile che l’evento sia da ricondurre a una delle tre milizie sopracitate e/o forze affini (Hutu ruandesi) che potrebbero aver condotto l’azione a scopo di rapina. Il personale e i mezzi della missione Monusco sono un target generalmente pagante. Allo stato, tuttavia, non si può escludere che l’azione sia riconducibile ad elementi Adf, anche in relazione alla presenza di una cellula logistica del gruppo a Goma”.