Il caso Palamara, di cui si parla tanto in questi mesi, ha solo scoperchiato il pentolone. Sono decenni che assistevamo inermi al triste spettacolo di una giustizia infettata da correnti politiche che avendo fatto il loro ingresso lì dove non dovevano – in quella sfera giudiziaria che i Padri costituenti avevano stabilito godesse di assoluta autonomia e dotandola di un organo di autogoverno, il Consiglio Superiore della Magistratura – ne inficiavano la libertà necessaria per attuare quei provvedimenti che incidessero sullo status dei magistrati.

Così, le indecorose registrazioni telefoniche, e gli innumerevoli messaggi contenuti nel cellulare di Palamara hanno evidenziato che i vari spostamenti, le promozioni ed assegnazioni dei magistrati, dipendevano dalle “simpatie” politiche più che dalle competenze degli stessi. La solita logica delle appartenenze a scapito delle competenze, uno dei mali endemici del nostro sistema Italia che non riguarda solo la Magistratura, purtroppo. Tutti ricordano il caso Falcone e Borsellino, di come essi siano stati osteggiati al loro interno prima che dalla mafia.

Fermo restando il grande e spesso rischioso lavoro che buona parte dei magistrati compiono, alcuni casi giudiziari, come quello che ha portato alla scarcerazione di pericolosi boss della ‘ndrangheta vibonese ci inducono a dedurre che in Italia non c’è solo quello che con un ossimoro viene indicato come “sanità malata”, ma anche una giustizia malata. Non solo a causa della politica.

Pochi giorni orsono, la Corte d’Appello di Catanzaro, ha revocato il divieto di dimora in Calabria nei confronti di Antonino Accorinti, 64 anni, indiscusso boss di Briatico, tratto in arresto nell’aprile del 2016 durante l’operazione antimafia “Costa Pulita”, accusato di essere il promotore dell’associazione mafiosa operante a Briatico. Nel processo di primo grado con il rito abbreviato, era stato condannato a 14 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni e altri reati aggravati dalle modalità mafiose. Il motivo della scarcerazione è stato il ritardo del deposito della motivazione della sentenza avvenuto ben due anni dopo l’emissione della stessa.

Ma non è il solo. A dicembre 2020 era ritornato libero per gli stessi motivi anche il figlio Antonio Accorinti, condannato a 12 anni di reclusione sempre nel processo “Costa Pulita”. Prima di lui erano stati scarcerati per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare anche Nazzareno Colace, Leonardo Melluso, Giancarlo Lo Iacono e Carmine Il Grande, tutti condannati “eccellenti” dell’operazione antimafia “Costa Pulita”.

Ho ascoltato lo sfogo di un imprenditore vibonese, testimone nello stesso processo che mi ripeteva sconfortato: “La vicenda ha dell’inverosimile! Ma allora a cosa serve denunciare, costituirsi parte civile, esporsi in una terra dove davvero in pochi hanno il coraggio di farlo?”. Anche Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, giorno quattro febbraio scorso, all’indomani del decreto di archiviazione del Gip di Messina nell’inchiesta contro gli ex Pm di Messina Annamaria Palma e Carmelo Petralia, così si esprimeva: “E’ una giustizia malata quella che non è riuscita a trovare verità sui tanti enigmi sul depistaggio della strage di Via D’Amelio e sul falso pentito Scarantino”.

Domande e dichiarazioni pesanti pronunciate da chi attende giustizia, un diritto fondamentale che sta a capo ad ogni cittadino, che dev’essere garantito dagli organi istituzionali preposti a tale scopo. Suppongo non sia un caso se l’Unione Europea ha subordinato l’erogazione del Recovery Fund, alla messa in cantiere di riforme strutturali, e in particolare a una “rifondazione” del nostro sistema giudiziario.

Il governo Draghi non dovrà solo affrontare il virus provocato dal Covid, ma anche quello che ha inficiato la giustizia generato dal sistema delle lobby partitiche e dei cosiddetti “poteri forti”. Non ci sono scuse plausibili per procrastinare l’attesa riforma, neanche di natura economica. Per la prima volta, grazie al Recovery, un intervento sulla giustizia di ampio respiro non toglierebbe risorse ad altri settori fondamentali come l’istruzione o la sanità. Staremo a vedere come ciò potrà accadere con l’ingresso di Forza Italia in questo “governo all’italiana” nato dal fallimento dei partiti che, sulla prescrizione, ad esempio, ha idee assai diverse rispetto a quelle dei 5Stelle.

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