Un impero di oltre 55 milioni di euro è stato sequestrato alla cosca Accorinti di Briatico. I sigilli sono stati applicati dalla Guardia di finanza di Catanzaro e dallo Scico di Roma che ha eseguito il provvedimento di sequestro emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dai pm Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso, l’inchiesta è il seguito dell’operazione “Costa pulita” che, nell’aprile 2016, aveva portato all’arresto di numerosi esponenti della cosca Accorinti, federata con la potente famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi.

Svolto tra le province di Vibo Valentia e Cosenza, il maxi-sequestro ha riguardato 67 fabbricati, 16 terreni e quote sociali relative a 8 imprese e complessi aziendali di 7 società operanti prevalentemente nel settore turistico-alberghiero. Ma anche 6 ditte individuali operanti nel settore edile, nel settore immobiliare, nella vendita al dettaglio di ortofrutta e generi di monopolio, un’associazione sportiva di calcio, 4 motonavi, 19 automezzi, 7 autobus e diversi rapporti bancari e finanziari.

La guardia di finanza, inoltre, ha sequestrato un lussuoso villaggio turistico a Briatico, un complesso residenziale a Zambrone e 3 società di navigazione titolari di imbarcazioni e di un sommergibile utilizzati nel settore turistico per il trasporto dei passeggeri. I destinatari del provvedimento sono ritenuti affiliati o contigui alla cosca Accorinti. Si tratta di Antonino Accorinti, Antonio Accorinti, Francesco Marchese, Salvatore Muggeri, Francesco Giuseppe Bonavita, Giuseppe Granato, Leonardo Francesco Melluso, Emanuele Melluso, Simone Melluso, Filippo Niglia, Salvatore Prostamo, Saverio Sergi.

Con l’operazione “Costa Pulita”, la Dda aveva colpito non solo l’ala militare degli Accorinti, ma anche le imprese ritenute espressione del clan. L’indagine, inoltre, aveva lambito contesti politici locali, in particolare di passate amministrazioni dei comuni di Briatico e Parghelia. Nel mirino degli indagati era finito anche il giornalista Pietro Comito, “colpevole” di aver scritto un articolo sul Quotidiano del Sud in cui, oltre a raccontare dei festeggiamenti di alcuni capi bastone dopo le elezioni amministrative, aveva parlato di un assessore che aveva svolto il ruolo di autista per un boss. Nel 2018, il processo “Costa Pulita” si è concluso, in primo grado, con una serie di condanne, per un totale di 218 anni di carcere, nei confronti di 30 imputati.

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