Che fine hanno fatto i camici del cognato di Attilio Fontana? Quale è stato il destino degli oltre 25mila dispositivi di protezione finiti al centro di un’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto direttamente il governatore della Regione Lombardia? Sono finiti a Palermo, a quasi 1.600 chilometri di distanza da Varese, città dell’inquilino del Pirellone e della Dama spa, cioè la società del cognato Andrea Dini, che la moglie di Fontana possiede al 10%.

Dopo mesi di corrispondenza con Aria, la centrale acquisti della Regione – depositata agli atti dell’inchiesta dall’avvocato Giuseppe Iannaccone – Dini si è dovuto arrendere: la Lombardia non vuole più i suoi camici. Neanche gratis. E quindi ha deciso di regalarli alla Croce Rossa di Palermo. Che non ci ha pensato due volte ad accettarli. “Facendo seguito alla vostra missiva, tenuto conto del perdurare dell’emergenza sanitaria e della necessità di porre in essere quanto necessario per limitare il contagio da Covid-19, confermiamo la nostra disponibilità ad accettare la donazione”, rispondono dalla Sicilia, neanche tre giorni dopo aver ricevuto l’offerta da Varese. “Facendo seguito ai colloqui intercorsi per le vie brevi con l’avvocato Caterina Fatta, con la presente la società Dama propone alla Croce Rossa italiana, comitato di Palermo la donazione di 25.622 camici monouso dotati di apposita certificazione Dpi categoria III”. Il 9 febbraio il materiale è stato quindi caricato su un camion e inviato a 1.600 chilometri di distanza. L’avvocato Iannaccone, che rappresenta Dini, interpellato dal fattoquotidiano.it non vuole commentare le scelte della Regione Lombardia, ma si dichiara lieto che i camici siano pervenuti ad un’istituzione seria come la Croce Rossa, che sta combattendo ogni giorno in questa fase ancora molto difficile. In attesa di capire l’esito dell’inchiesta giudiziaria, si chiude così un capitolo di una vicenda che va avanti da tempo.

La storia è ampiamente nota: nei mesi scorsi i pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas hanno iscritto nel registro degli indagati Fontana, accusato di frode in pubbliche forniture, Dini, l’ex dg di Aria Filippo Bongiovanni, entrambi accusati anche di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, e una funzionaria della società regionale. Tutto comincia il 16 aprile, quando Aria affida a Dama una fornitura da mezzo milione di euro per circa 75.000 camici. Secondo l’accusa, quando Fontana scopre dei “rapporti negoziali” tra il cognato e Aria – che lo pongono in evidente conflitto d’interessi – “chiede” personalmente a Dini di “rinunciare al pagamento per evitare polemiche e strumentalizzazioni”, come ha sostenuto lo stesso governatore intervenendo in consiglio regionale. Il 20 maggio l’imprenditore scrive alla Regione e trasforma i 50mila camici inviati fino a quel momento in donazione, considerando conclusa la fornitura. Secondo la procura, però, quel contratto non è mai stato modificato – nonostante la risposta inviata da Bongiovanni a Dini e agli altri vertici di Aria sempre il 20 maggio – e per questo motivo la società del cognato di Fontana era obbligata a inviare alla Regione anche gli altri 25mila camici.

Materiale che viene sequestrato il 28 luglio e poi restituito a Dini due mesi dopo. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.it il 17 ottobre il cognato di Fontana scrive ad Aria spiegando che la procura ha dissequestrato i camici al fine di rimettere Dama agli “obblighi derivanti dall’ordinativo di fornitura del 16/4/2020“. E quindi, “pur continuando a ritenere concluso il rapporto conseguente all’ordine di fomitura in oggetto”, Dini vuole consegnare i camici alla Regione “precisando che nessun importo sarà addebitato neppure per i costi di trasporto dei predetti camici”. L’imprenditore spiega che vuole donare quei dispositivi di protezione sia “in ragione della recente recrudescenza dello stato emergenziale e della preoccupante escalation dei contagi attualmente registrati nel territorio regionale”, ma anche perché “con tale immediata disponibilità la Società avverte l’esigenza di tutelare sin d’ora la propria immagine e la propria reputazione in relazione al travisamento ed alla strumentalizzazione dei fatti relativi all’oggetto”. Tradotto vuol dire che anche se il patron di Paul&Shark continua a considerare conclusa la fornitura/donazione di camici ai quasi 50mila del maggio scorso, intende comunque regalare alla regione la parte restante.

Francesco Ferri, il nuovo presidente della centrale acquisti regionale, risponde spiegando che anche se è “vero è che vi sarebbe effettiva utilità, nell’attuale situazione emergenziale, di acquisire i camici”, occorre comunque “procedere alla formalizzazione dell’accettazione della donazione, e ciò richiede inevitabilmente un chiarimento circa il titolo giuridico corretto da riconoscere alla Vostra offerta”. Per questo motivo Aria “ritiene imprescindibile, a fini cautelativi, acquisire ogni utile elemento in proposito, anche compulsando, nei limiti consentiti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano”. Insomma: la centrale acquisti della Regione, coinvolta nell’inchiesta con l’ex dg Bongiovanni, vuole evitare di fare qualsiasi movimento senza il via libera della procura. Posizione ribadita più volte in un botta a risposta a colpi di pec che dura per settimane. Fonti della procura, da parte loro, avevano fatto sapere che dopo il dissequestro l’indagato è “dominus” dei camici: poteva insomma utilizzarli come meglio credeva. La Regione, però, quei camici non li voleva più neanche gratis. Anche per questo il 14 dicembre dalla Dama, la società di Dini, scrivono ancora, spiegando che “in definitiva, chiediamo ad Aria soltanto di accettare gratuitamente i camici in oggetto, affinché vengano messi a disposizione della sanità lombarda, ma qualora ciò non sia possibile li doneremo a chi (altro ente territoriale o associazioni) ne abbia oggi urgente bisogno”. Così è stato. E alla fine i camici del cognato di Fontana sono finiti a Palermo.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

IL DISOBBEDIENTE

di Andrea Franzoso 12€ Acquista
Articolo Precedente

Vaccini, Zaia: “Ho ricevuto offerte per 27 milioni di dosi”. Ma provenienza e tempi sono un’incognita: “Sono tarocchi? Lo dica Arcuri”

next
Articolo Successivo

Variante inglese, il fisico Parisi: “Nel giro di poche settimane un migliaio di morti al giorno se non aumentiamo le restrizioni”

next