E così i poveri pentastellati hanno fatto il pieno. Cento per cento di critiche. Alle solite decennali accuse di essere degli incompetenti bibitari e scappati di casa, adesso finalmente sul punto di essere fatti fuori dal fiammeggiante Mario Drogon, si aggiungono, comprensibilmente, anche quelle di chi, come il direttore del Fatto, ritiene che essersi fatti trascinare nel governo di ammucchiata nazionale ne determinerà il suicidio.

Visto che tutti sono d’accordo, come al solito mi toccherà sedermi dalla parte del torto. Non prima di essermi fatto qualche domanda. La prima. Come mai il Presidente della Repubblica ha giocato la carta estrema del commissariamento della politica, e speso il nome più prestigioso a disposizione, al buio, senza una rete per impedire la caduta rovinosa da lui profetata al paese? Una caduta che avrebbe causato la sua stessa sconfessione. Voi ci credete? Io no.

E guarda caso nel breve battito di un ciglio ci siamo trovati la Lega pronta a digerire ogni rospo europeo, senza uno straccio di condizione. E la zombie company berlusconiana rivitalizzata dalla cura Frankenstein. E la sciamana a presidiare per finta il ruolo di oppositrice, ma già rassicurando tutti che ad ogni elezione lei sarà lì a fianco di quelli che hanno mancato alla parola data. Allora se questo è, e questo mi pare sia, ecco la seconda domanda. Qual era l’obiettivo della crisi per interposto serial killer di governi, candidati presidenti e partiti?

Un nome, un partito, una politica. Conte, 5 Stelle, alleanza col Pd. Quale l’esito auspicato? I 5 Stelle fuori, Conte a casa, l’alleanza con il Pd frantumata per lo scontato appoggio di quest’ultimo ad un governo “europeista”. Magari anche una frattura dell’ala governista del movimento. E la sera dell’incarico il quadro era già dipinto, incorniciato e firmato, nell’assoluta soddisfazione dei giornaloni unificati. I 5 Stelle tornavano alla “purezza”, dimentichi dell’ anno salviniano e dei diciotto mesi renziani. Quello dei barconi e quello del Rinascimento saudita sì, Mario Drogon con i medesimi no. Ah sì lo psiconano, tra un battito fuori sincrono e un ruzzolone. La guerra del 1994 nel 2020, invece di quella del 2023 o del 2025.

E invece, guarda un po’, no. I due Elevati ci hanno pensato su. Qual è la cosa che disturberebbe di più il manovratore? Una opposizione al governo che distribuirà vaccini e milioni, sperando che Drogon fallisca e che tra due anni si ricordino di come il povero Conte ha dovuto lottare a mani nude contro virus, crisi, negazionisti e sgovernatori regionali? Oppure starci in mezzo, mettere perfino delle condizioni programmatiche, e giù a sghignazzarci sopra, mentre tutti gli altri si stendono a tappetino, sottoporre perfino la questione a un voto, mentre tutti gli altri cambiano sesso in diretta tv?

Il giudizio di opportunità è più che legittimo, i dubbi anche. Ma un briciolo di fiducia nel loro ragionamento, tanto per non allinearci a Fassino? Pesare i pro dopo aver pesato i contro? Per esempio, sarà più facile disfare Bonafede con i grillini partito di maggioranza relativa o con i grillini fuori? Sarà più facile per i giornaloni indicare nei pentastellati l’origine di ogni sciagura se l’infallibile Drogon li mette dentro o se si mettono fuori da soli? De Angelis sarà più contento o più triste? Le risposte stanno nel campo della politica. Cioè proprio ciò che si è cercato di cancellare con l’operazione Drogon (al netto delle cose che vorrebbe fare come da documento del gruppo dei 30, su alcune delle quali, se applicate, attendo i sospiri di dolore dei soliti noti).

Per questo, secondo me, Grillo ha ragione nella scommessa. Che poi sappiano giocarsi la mano, lo scopriremo vivendo.

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