Il Movimento 5 stelle entrerà nel governo Draghi. La linea di Beppe Grillo e dei vertici M5s per il sostegno all’esecutivo tecnico-politico ha superato l’esame della piattaforma Rousseau: 44.177 i voti a favore (59.3%) e 30.360 i contrari (40.7%). Un passaggio decisivo per il M5s che ha affrontato una delle votazioni più difficili della sua storia e che ora, in nome della “responsabilità”, si prepara anche a perdere alcuni pezzi. Il primo strappo è stato quello dell’ex deputato Alessandro Di Battista che, poco dopo l’annuncio, in video ha dichiarato: “Rispetto la decisione degli iscritti, ma non posso digerirla. Mi faccio da parte e non parlerò più a nome del Movimento”.

Il voto su Rousseau infatti, non era per niente scontato e fino all’ultimo nei corridoi si è parlato di un “testa a testa”: per i 5 stelle decidere di entrare nel governo insieme a Forza Italia e al nemico giurato Silvio Berlusconi è sempre stato ritenuto un passaggio inaccettabile. E senza l’intervento diretto di Beppe Grillo, molto difficilmente i leader sarebbero riusciti a far passare la decisione: il garante non solo ha gestito personalmente le trattative con l’ex presidente della Bce, ma ha sbloccato la convocazione del voto su Rousseau solo dopo aver ottenuto la conferma pubblica che ci sarà il super ministero green per la transizione ecologica. Fondamentale sicuramente anche l’appoggio di Giuseppe Conte, aspirante leader del Movimento e punto di riferimento per i gruppi parlamentari. E naturalmente ha pesato la cintura di Sì creata dai leader Roberto Fico, Luigi Di Maio e Vito Crimi, insieme agli ex ministri. “Abbiamo scelto il coraggio e la partecipazione, ma soprattutto la via europea e un insieme di valori”, ha detto Di Maio poco dopo l’annuncio del risultato. Mentre Crimi ha ribadito che la decisione di Rousseau è “vincolante” e il “mandato degli iscritti è chiaro”. E ha così mandato un messaggio a chi si è invece schierato per il No. Proprio quel fronte, che vede Di Battista come un punto di riferimento insieme agli ex ministri Lezzi e Toninelli, nelle prossime ore dovrà decidere come comportarsi in Aula: se votare la fiducia al nuovo esecutivo o di fatto uscire dal Movimento.

Intanto, dopo il voto su Rousseau, l’ultimo passaggio delle trattative per il nuovo esecutivo è completato e si attende per venerdì 12 febbraio la salita al Colle del presidente incaricato: ancora nessuna conferma è arrivata dal Quirinale, e al momento il premier incaricato continua a lavorare sulla squadra di ministri. La posizione del Movimento era infatti il tassello mancante per la composizione della futura maggioranza che, a questo punto, vede l’adesione dell’ex maggioranza che ha sostenuto il Conte 2 (Pd, M5s, Leu e Italia viva) insieme a Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il presidente incaricato continua a lavorare nel massimo riserbo: l’unico atto formale registrato giovedì è stato, poco dopo l’annuncio del voto, l’incontro tra Mario Draghi e il presidente della Camera Roberto Fico per un colloquio riservato di circa mezz’ora. Al termine il premier ha lasciato Palazzo Chigi senza indicazioni.

L’affluenza – Il voto sulla piattaforma Rousseau si è svolto dalle 10 alle 18 e hanno votato 74.537 iscritti su una base di 119.544 aventi diritto di voto: in 8 ore, ha spiegato il notaio dell’associazione Rousseau Valerio Tacchini, sono stati espressi “9.317 voti” l’ora. Per il voto sul Conte 1 “su dieci ore di votazione nel 2018 l’affluenza era stata di 4480 votanti all’ora” mentre per il Conte 2 l’affluenza si era attestato a 8.848 voti in 9 ore. Il risultato del voto è stato annunciato dalla sede milanese dell’associazione Rousseau ed è intervenuto anche Davide Casaleggio: “Io sono molto contento”, ha detto il figlio del cofondatore, “che anche questa volta siamo riusciti a riunire e fare sintesi della volontà di tutto il M5s, riunendo decine di migliaia di elettori per farli esprimere sul governo. In altri partiti decidono 4-5 persone quindi sono molto contento. Qui lo facciamo completamente digitale, in altri Paesi come la Germania no, siamo un unicum mondiale, e questa è una bella espressione di cittadinanza digitale”.

Di Maio: “Abbiamo scelto il coraggio”. Fico: “Nasce un governo che non potrà mai dirsi tecnico” Luigi Di Maio, l’ex capo politico tra i primi a spingere per il dialogo con Mario Draghi, subito dopo l’annuncio del risultato ha ringraziato gli attivisti e Beppe Grillo: “Oggi il Movimento ha dimostrato grande maturità, lealtà verso le istituzioni e senso di appartenenza”. E, ha detto: “La responsabilità è il prezzo della grandezza”. Secondo Di Maio, “la fedeltà alla Nazione, oggi, si è mostrata più forte della propaganda. Questo è il Movimento che riconosco e in cui ho scelto di spendere tutto me stesso. Voglio ringraziare ogni singolo attivista e iscritto alla piattaforma Rousseau che ha espresso il proprio voto. L’intelligenza collettiva ha prevalso sul singolo”. E, ha chiuso, “ringrazio anche Beppe Grillo per il grande contributo offerto in questa fase”.

Roberto Fico, che proprio per il suo ruolo istituzionale di presidente della Camera centellina i commenti politici, ha deciso di scrivere una lettera aperta per una fase che, ne sono consapevoli tutti, si preannuncia molto delicata: “Questa scelta è un’assunzione di responsabilità e segna l’apertura di una nuova fase in questa legislatura”, si legge. Quello che sta nascendo è “un governo che, al di là delle singole personalità ‘tecniche’ che lo dovessero costituire, non potrà mai dirsi ‘tecnico’. Non può esserci progettualità senza la politica, senza il Parlamento. La linfa viene dalla politica, e ben venga che la programmazione e la spesa dei fondi, assieme alle riforme, siano realizzati con le migliori competenze del nostro Paese. Le competenze al servizio delle idee: non è forse questo un elemento che appartiene al dna del Movimento?”. Ora, ha detto, “non possiamo permetterci salti nel buio. Siamo in un contesto profondamente cambiato rispetto al momento in cui il Movimento ha mosso i suoi primi passi. E proprio il Movimento 5 stelle, forza di maggioranza relativa in Parlamento, riveste un ruolo cruciale, nell’ambito dell’asse stabile e leale costruito nei mesi precedenti con Pd e Leu”. Fico ha anche voluto delineare un perimetro teorico al prossimo esecutivo: “Il governo che è sul punto di nascere non potrà mai essere quello dell’austerity. Se mai, il suo opposto”.

Il capogruppo M5s alla Camera Davide Crippa ha invece voluto dare garanzie sul fatto che, nonostante il compromesso accettato, “non tradiremo la nostra missione, saremo delle sentinelle vigili, e avremo un ruolo attivo continuando a incidere”.

Cosa farà ora il fronte del No – La vittoria del Sì permette al M5s di avere un mandato forte e placare i dissidenti. Ma al voto si è arrivati dopo lunghi travagli e ora bisogna capire come si comporteranno i parlamentari che si sono schierati per il No. Soprattutto dopo le parole di Alessandro Di Battista che ha annunciato si farà da parte: “Questa scelta di sedersi con determinati personaggi, in particolare con partiti come Forza Italia, in un governo nato per sistematizzare il M5s e buttare giù un presidente per bene come Conte non riesco a superarla”. Dice addio, ma lascia anche aperto uno spiraglio: “Non posso far altro, da ora in poi, che parlare a nome mio e farmi da parte, se poi un domani la mia strada dovesse incrociare di nuovo quella del M5s lo vedremo, dipenderà esclusivamente da idee politiche, atteggiamenti e prese di posizione, non da candidature o ruoli. Faccio un grande in bocca la lupo ai miei ex colleghi”. Di Battista però, ha assicurato che non vuole aprire polemiche: “Proprio non ce la faccio ad accettare un movimento che governa con questi partiti. E’ stata una bella storia di amore, piena di gioie e battaglie venite, con qualche delusione e battaglia disattesa o persa. Non posso andare avanti, non considerare determinate mie convinzioni politiche. Ho un grandissimo rispetto della decisione degli iscritti, persone raziocinanti, per bene, che non si lasciano influenzare. Zero polemiche“.

Negli ultimi giorni i contrari alla linea pro Draghi hanno fatto sentire la loro voce e Di Battista è stato per loro un punto di riferimento. Al suo fianco, hanno ribadito il no a Forza Italia e Berlusconi gli ex ministri Lezzi e Toninelli. E proprio loro dovranno decidere come comportarsi in Aula. Intanto altre voci dissidenti hanno commentato il risultato: “Ho votato no al supporto del M5s al Governo Draghi, ma l’indirizzo degli iscritti è chiaro”, ha scritto su Twitter il deputato 5 stelle Francesco Berti. “Chi riteneva questo passaggio superfluo non ha capito nulla del M5s. Subito al lavoro sui nostri temi e con la squadra di governo. Viva il Movimento e la democrazia digitale”. Il collega Andrea Colletti resta tra i contrari, anche se non ha partecipato alla consultazione: “Il quesito, così come posto e con queste tempistiche, è totalmente privo di significato e pertanto non mi presto nemmeno a formulare un voto”. Così anche senatore Mattia Crucioli che non ha votato su Rousseau, ma ha già confermato che in Aula non voterà la fiducia al governo: “Come dichiarato ben prima di conoscere l’esito del voto, peraltro prevedibile vista la tendenziosità del quesito, confermo di non avervi partecipato, non riconoscendone la legittimità e la conseguente vincolatività. Voterò, dunque, in Aula non concedendo la mia fiducia ad un governo che non ritengo possa fare l’interesse del popolo italiano”.

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