Ancora una volta il Regno Unito intraprende una strategia nuova e “controversa” sul fronte dell’immunizzazione della popolazione britannica. Dopo aver allungato i tempi di somministrazione della seconda dose del vaccino rispetto alla prima, ha ora avviato Com-Cov, un nuovo studio che verrà condotto dal National Immunization Schedule Evaluation Consortium (NISEC), con l’obiettivo di studiare gli effetti della combinazione di due vaccini diversi su una stessa persona, quello realizzato da Astrazeneca/Oxford e quello di Pfizer-BioNTech. La sperimentazione durerà un anno e servirà a valutare se la combinazione dei due vaccini possa migliorare o meno la protezione contro Sars Cov 2. Inoltre, se questa strategia si rivelasse vincente si potrebbe anche risolvere l’attuale problema di disponibilità dei vaccini.

Lo studio prevede il reclutamento di oltre 820 volontari, provenienti da otto diversi siti in Inghilterra e selezionati nel corso di febbraio attraverso il Registro di ricerca sui vaccini Covid 19 del Servizio sanitario nazionale inglese. Gli autori sperano di reclutare un numero sufficiente di ultracinquantenni, in modo da ottenere una panoramica migliore sugli effetti in una delle fasce d’età più suscettibili al coronavirus. Lo studio rimane aperto anche all’utilizzo di altri vaccini, una volta che le autorità daranno il via libera al loro utilizzo. Oxford, infatti, ha già espresso la volontà di sperimentare combinazioni del suo vaccino con quello russo, Sputnik V, che utilizza virus innocui per trasportare componenti del coronavirus nelle cellule e che ha una efficacia annunciata al 91,6%. Gli scienziati britannici sono convinti che un regime di vaccinazione misto possa stimolare diverse parti del sistema immunitario, fornendo una protezione migliore e più duratura. “In Inghilterra dieci milioni di persone hanno già ricevuto almeno una dose di uno dei due vaccini in uso in Inghilterra, quello Pfizer-BioNTech o quello di Oxford/ AstraZeneca”, spiegano gli scienziati. “I due vaccini hanno ricevuto l’approvazione delle agenzie regolatorie insieme a quello di Moderna, che tuttavia non prevede di distribuire le sue dosi prima della prossima primavera”, aggiungono. Il team esaminerà quindi inizialmente gli effetti della combinazione Oxford/Astrazeneca e Pfizer/BioNTech, studiando anche quali possano essere gli intervalli ideali tra le due inoculazioni. In particolare, sono state previste otto diverse combinazioni, con schemi di dosaggio che variano dai 28 giorni alle 12 settimane.

I ricercatori preleveranno campioni di sangue dai partecipanti per monitorare periodicamente i livelli degli anticorpi. “Se la somministrazione congiunta di diversi vaccini si dimostrasse più efficace della soluzione unica – commentano i vertici di Nisec – questa procedura renderebbe l’implementazione del vaccino più flessibile, e porrebbe le basi per l’introduzione di dosi di richiamo aggiuntive”. I ricercatori sperano di poter diffondere i risultati preliminari dello studio entro la fine dell’estate. Tra gli obiettivi ci sarebbe anche quello di verificare l’efficacia delle procedure immunizzanti nei confronti delle varianti e dei nuovi ceppi emergenti. “Non è ancora noto quali siano gli effetti della combinazione di vaccini che utilizzano tecnologie completamente diverse”, osserva Jonathan Van-Tam, responsabile principale dello studio. Pfizer e Moderna hanno infatti sviluppato un vaccino grazie alla tecnologia a Rna messaggero, mentre Oxford/Astrazeneca ha optato per un vettore tradizionale, un adenovirus. Più precisamente il vaccino di Pfizer introduce una molecola di mRNA all’interno di bolle lipidiche, quello di Oxford presenta all’organismo le istruzioni genetiche per formare la proteina Spike del virus sfruttando l’involucro di un virus del raffreddore reso non infettivo. Entrambi i vaccini presi singolarmente garantiscono una parziale immunità a Covid-19 già dopo la prima dose, ma per tutti e due richiedono una seconda dose per offrire un’elevata protezione.

“Una delle principali sfide che la pandemia solleva – aggiunge Van-Tam – è quella di immunizzare una vasta percentuale della popolazione in tempi relativamente brevi, e, visti i potenziali vincoli legati alla scarsa disponibilità di fornitura globale, il vantaggio di poter contare su dati riguardanti la possibilità di una somministrazione più flessibile è evidente”. In questo senso le le informazioni che avremo grazie alla sperimentazione del NISEC saranno fondamentali per contrastare l’avanzata dell’epidemia. “Si tratta di una sperimentazione clinica estremamente importante – dichiara il segretario di Stato per il Programma vaccinale, Nadhim Zahawi – che ci fornirà prove ed evidenze sulla sicurezza di questi vaccini e sulle possibilità di utilizzarli in modi diversi”.

Tuttavia, buona parte della comunità scientifica è piuttosto scettica. “Utilizzare in combinazione due diversi vaccini anti-Covid mi sembra significativamente aleatorio”, commenta il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. “Dobbiamo restare all’evidenza dei dati disponibili. I dati – spiega – si riferiscono a un uso costante, tra la prima e la seconda vaccinazione, dello stesso tipo di vaccino”. Anche i Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) americani non sono convinti dal regime misto. “I vaccini non sono intercambiabili e la sicurezza e l’efficacia di serie a base di prodotti misti non sono garantite”, dicono. In effetti, le sperimentazioni scientifiche condotte fin qui si sono basate su una doppia dose di uno stesso vaccino, e non esistono dati sugli effetti e l’efficacia di una combinazione di vaccini. Ma c’è una percentuale, anche se per molti è troppo bassa, che il regime misto possa funzionare. Ma solo la ricerca e il tempo potrà dircelo.

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