Il vaccino anti-Covid sviluppato in Russia, ribattezzato Sputnik V, funziona ed è efficace al 91,6%. Lo confermano i dati di sperimentazione della fase 3 relativi ai circa 20mila partecipanti, pubblicati su The Lancet. Lo studio, fa sapere il Fondo russo per gli investimenti diretti (che commercializza il siero nel mondo), è ‘peer reviewed‘, quindi validato da esperti scientifici esterni. “Gli eventi avversi gravi (quelli che hanno richiesto il ricovero in ospedale) sono stati rari sia nel gruppo placebo (0,4 [23/5.435]) che nel gruppo del vaccino (0,2% [45/16.427]) e nessuno è stato considerato associato alla vaccinazione”, si legge. Per quanto riguarda i decessi, durante la sperimentazione ne sono avvenuti quattro, ma anche in questo caso nessuno “è stato considerato legato al vaccino. La maggior parte degli eventi avversi riportati sono stati lievi, tra cui sintomi simil-influenzali, dolore nel sito di iniezione e debolezza o scarsa energia”, continua la nota.

I risultati pubblicati sulla nota rivista internazionale sono una buona notizia per tutti quei governi – Unione europea compresa – che guardano con interesse a Gam-COVID-Vac (questo il nome scientifico di Sputnik V) dopo che Astrazeneca ha annunciato un taglio del 60-70% delle consegne per il primo trimestre e altri candidati vaccini tardano ad arrivare sul mercato. Il siero russo, basato su due adenovirus modificati, è già in via di somministrazione nel Paese guidato da Vladimir Putin, ma è stato autorizzato anche in Ungheria, Iran e in gran parte dell’America latina. “Ottima notizia, il vaccino ‘russo’ ha un’efficacia superiore al 90%. Un altro vaccino dall’efficacia eccezionale con un meccanismo simile ad AstraZeneca, ma con una differenza fondamentale di cui parleremo”, è la reazione del virologo dell’Università San Raffaele Roberto Burioni.

Su 20mila partecipanti alla fase 3 della sperimentazione, tre quarti hanno ricevuto il vaccino e un quarto il placebo. “Tra il 7 settembre e il 24 novembre 2020, un totale di 21.977 adulti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere il vaccino (16.501) o il placebo (5.476). Lo studio è stato condotto in 25 ospedali e policlinici di Mosca“, si legge. Tutti i partecipanti sono stati testati prima di avviare la sperimentazione e subito dopo aver ricevuto la seconda dose (a 21 giorni di distanza dalla prima). Un ulteriore tampone “è stato fatto se i partecipanti hanno riportato sintomi di infezione respiratoria. L’efficacia del vaccino è stata calcolata sulla base della proporzione di partecipanti con Covid-19 confermato dalla Pcr. Da 21 giorni dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino (il giorno della dose 2), 16 casi di Covid-19 sintomatici sono stati confermati nel gruppo del vaccino (0,1% [16/14.964]) e 62 casi (1,3 [62/4.902]) nel gruppo placebo – equivalente a un’efficacia del 91,6%“.

“Il vaccino – prosegue il documento – ha indotto una robusta risposta umorale (chiamata anche risposta anticorpale) e una risposta immunitaria cellulare risposta cellulare (chiamata anche risposta delle cellule T) con dati da 342 e 44 partecipanti, rispettivamente. Sei dei 342 partecipanti non hanno costruito una risposta immunitaria dopo la vaccinazione, probabilmente a causa dell’età avanzata o caratteristiche individuali. Lo studio ha incluso 2.144 partecipanti di età superiore ai 60 anni, e l’efficacia del vaccino è stata del 91,8% in questo gruppo. Il vaccino è stato ben tollerato e i dati sulla sicurezza di 1.369 di questi adulti anziani hanno rilevato che gli eventi avversi più comuni erano sintomi influenzali e reazioni locali”. Stando allo studio pubblicato sulla rivista, infine, risulta che il farmaco è distribuito a -18 gradi, ma può essere conservato a 2-8 gradi come i vaccini più comuni. Un dettaglio non da poco, in comune con Astrazeneca, e che renderebbe Sputnik V molto più facile da utilizzare rispetto a Pfizer, che richiede una conservazione a -70 gradi.

Lo studio su Lancet

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