Non la vedrete sbraitare sui social e nemmeno minacciare aperture clandestine in barba all’ultimo Dpcm. Severine Isabey, proprietaria di un piccolo bistrot sul lungomare di Rimini Nord, ha scelto forse la strada meno convenzionale – e per certi versi coraggiosa – per contrastare le misure anti-Covid imposte dal Governo: riconvertire parzialmente, e provvisoriamente, il suo piccolo ristorante. “Sfruttando la licenza di vendita al dettaglio, annessa a quella di ristorazione, sto inaugurando il mio nuovo negozio di fiori”, ha spiegato entusiasta l’imprenditrice di origini francesi, che solo un anno e mezzo fa aveva aperto a Rivabella, una piccola frazione di Rimini, il suo Mamì Bistrot. Un negozio di fiori dentro al ristorante, possibile? Qualcuno storce il naso. C’è chi non ha dubbi: solo un’operazione di marketing. Eppure chi conosce il suo Mamì Bistrot sa che in questo piccolo Moulin Rouge, che si affaccia timidamente sul waterfront alla sinistra del porto, la cura del dettaglio, la decorazione floreale – così come la mise en place – sono una costante. “I fiori? Li metto anche nei piatti”, ammette Severine, con una spontaneità che ricorda più Amélie Poulain che grandi guru del marketing.

Insomma, l’imprenditrice francese il suo negozio di fiori lo aprirà eccome. “Ho frequentato per anni corsi per diventare floral-designer, i fiori sono da sempre la mia vita e basta entrare al Mamì per rendersene conto. Ho deciso di allestire una piccola dependance dedicata alla vendita di fiori stabilizzati, una tecnica con cui vengono trattati ed essiccati in camera iperbarica senza però perdere bellezza e profumo. Ho già fatto un piccolo ordine dalla Francia, non vedo l’ora di mettermi a lavorare. Nei miei ristoranti ho sempre impostato gli allestimenti in linea con la stagionalità: i primi bouquet riprenderanno i colori dell’inverno“. Il negozio sarà aperto al pubblico già dalla prossima settimana.

Non chiudo, ma niente delivery“. Ci tiene a precisarlo Severine, che non vede l’ora di rimettersi il grembiule per tornare ai fornelli. “Nell’ultimo anno, abbiamo lavorato solo sei mesi. Siamo andati alla grande, ma adesso siamo chiusi dal 23 dicembre. E io, per come sono fatta, non ce la faccio proprio a rimanere con le mani in mano. Vorrei urlare, arrabbiarmi, ma non servirebbe a niente. Preferisco fare, lasciare spazio alla creatività, in attesa di tornare a servire i nostri brunch. Essere aperta, accendere una luce, restare qui a lavorare mi fa sentire viva. Il delivery? Non scherziamo. Non siamo una pizzeria o un sushi“. Severine Isabey, arrivata in Italia all’età di cinque anni, è cresciuta praticamente tra i fornelli: la nonna gestiva un ristorante stellato a Parigi. Mamì, in francese, significa proprio nonnina.

La sua famiglia è proprietaria di un altro ristorante a Rimini, La Posada, inaugurato quasi 40 anni fa e distante solo pochi metri dal suo Mamì. “I ristori? L’altro locale qualcosa ha ricevuto, ma noi no. Siamo nuovi e purtroppo non è arrivato niente. Il pensiero va soprattutto ai miei 17 dipendenti che oggi sono a casa. Non giudico altri imprenditori che hanno protestato contro i Dpcm o minacciato l’apertura, ognuno fa i conti con la propria situazione economica. Io, per come sono fatta, preferisco lasciare spazio alla creatività. Al Mamì non vieni soltanto per la cucina francese, ma soprattutto per il posto. Puoi assistere ad uno spettacolo di burlesque, alla presentazione di un libro, ad un concerto jazz e, da domani, potrai acquistare anche un profumassimo bouquet di fiori. Siamo lavorando per riaprire il ristorante, con tantissime novità”. Che i fiori fossero nel suo destino anche se temporaneamente lo dimostra un aneddoto di qualche anno fa. “Per dirle ti amo 500 rose rosse”, titolava così il Resto del Carlino, in un’edizione locale del 1998. Una giovane Severine, all’epoca 21enne, fu omaggiata da uno spasimante con 501 rose rosse. Fatte recapitare con un pulmino alla discoteca Prince di Riccione, dove all’epoca lavorava. “Sarebbe un ottimo principe azzurro, ma purtroppo non è il mio”, dichiarò lei tranchant al giornalista che la intervistò. Un romantico déjà vu che ripensato oggi fa sorridere. E forse spiega tante cose.

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