La sera della vigilia del centenario dalla fondazione del Partito Comunista Italiano per la famiglia di Otello Chelli, storico militante comunista livornese, classe 1933, è una ricorrenza da festeggiare assieme per la famiglia di Otello Chelli. Una fede politica che unisce marito e moglie, che si conobbero in sezione nell’immediato Dopoguerra, e i figli, che non si sono allontanati dal solco dell’ideale di famiglia. Chelli, che, racconta, ebbe un nonno anarchico, ucciso da un fascista, e un padre antifascista, deportato con la propria famiglia nelle Marche dalle milizie durante l’occupazione nazifascista, ha imparato a leggere e scrivere grazie alla formazione comunista. Dalle assemblee di caseggiato, alle sezioni di quartiere, il sogno di una “via italiana” al comunismo che potesse coniugare potere popolare, giustizia sociale e libertà, ha mosso Otello portandolo per anni alla guida delle manifestazioni e delle agitazioni della sinistra livornese. Espulso dal P.C.I. assieme al gruppo del “Manifesto” nel 1969, lo storico militante comunista racconta a ilfattoquotidiano.it cos’ha significato per lui aver vissuto “nascita, ascesa e declino” del Partito Comunista più grande d’Europa, e cosa significhi oggi continuare a portare avanti quegli ideali, malgrado la diaspora della sinistra italiana.

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I cent’anni del Partito Comunista non si possono capire senza il sacrificio dei suoi militanti

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